Rispetto al vastissimo catalogo delle composizioni di Franz Joseph Haydn (1732 – 1809), le Messe compongono un insieme piuttosto ridotto. Tale limitazione è in parte dovuta allo scarso interesse per la Musica Sacra dimostrato dal Principe Nicolaus Esterhazy, presso la cui Corte il compositore austriaco prestò servizio per quasi trent'anni, dal 1761 al 1790.
Delle 14 Messe a noi note (escludendo le attribuzioni dubbie), le ultime 6 furono scritte su commissione proprio tra il 1796 e il 1802, per celebrare, tra le altre cose, i giorni di onomastico della Principessa Marie Hermenegil, moglie del nipote nel Principe Nicolaus, Nicolaus II.
Siamo, quindi, nel pieno della maturità artistica di uno dei più grandi compositori del '700, secondo solo al "divino" Mozart non per genio ma per notorietà ai posteri. Della triade classica Mozart-Haydn-Beethoven "papà Haydn" è forse il meno considerato nella discografia, soprattutto nel genere della Messa.
Ben venga, quindi, questa raccolta di 2 CD a prezzo economico della EMI, che rispolvera incisioni di fine anni '80 di uno degli specialisti della Musica Sacra del '700, Neville Marriner, a cui dobbiamo, tra le altre cose, proprio una splendida integrale delle Sinfonie di Mozart.
La raccolta include 3 delle ultime 6 Messe, insieme ad un piccolo gioiellino, la "Missa brevis Sancti Joannis de Deo" Hob.XXII:7 del 1770, anche detta "Kleine Olgelsolomesse", per via della presenza dell'organo obbligato nel Benedictus (NB: quasi tutte le Messe di Haydn sono facilmente distinguibili grazie ad un non sempre appropriato nickname).
Per chi vorrà acquistare questa raccolta, suggerisco di iniziare l'ascolto proprio da questa Messa, dal momento che l'organico ridotto (soprano solo, coro, archi, organo e b.c.) consente di inquadrare facilmente la maestosa e solenne scrittura del compositore austriaco, restituita con notevole brio e misurata esaltazione dal direttore inglese. Il cuore di questa Messa è sicuramente il Benedictus, dove l'organo dialoga in celestiale armonia con il caldo timbro del soprano Barbara Hendricks. Il tono intimista dell'Agnus Dei conclusivo fa emergere il registro basso del coro, a cui si perdonano qua e là alcuni piccoli errori di pronuncia ("miserire", "dona nobis pazem").
La "Missa Sancti Bernardi de Offida" Hob.XXII:10 (c.d. "Heiligmesse" per via di un antico corale citato nel Sanctus), composta nel 1796, presenta un organico di più vaste proporzioni, con l'intervento di più voci soliste (2 soprani, contralto, tenore e 2 bassi), concentrate però nelle due sole sezioni del Gloria e del Credo. Assoluto protagonista è qui il coro, che restituisce con precisione e bellezza d'intonazione tutte le complesse architetture polifoniche della scrittura haydiana, influenzata dalla maestosità degli oratori haendeliani ascoltati dal compositore a Londra.
Emozioni completamente diverse risaltano dall'ascolto della "Missa in angustiis" Hob.XXII:11 ("Nelson Messe") del 1798. La tonalità di re minore fa emergere già dalle prime battute del Kyrie iniziale un tono più scuro, a tratti più vicino ad un Messa da Requiem. Gli interventi delle voci soliste (2 soprani, contralto, tenore e basso) si fanno più frequenti nelle ricche tessiture haydiane, anche in forma di quartetto. L'impiego delle trombe e dei timpani esalta, per contrasto, le sezioni in cui la scrittura si rischiara o si fa, addirittura, tenuemente luminosa.
La Messa Hob.XXII:12 ("Theresienmesse") che conclude la raccolta è un altro capolavoro di scrittura haydiana, in cui si sommano con l'unico fine apparentemente devozionale i due contrasti di una scrittura orchestrale quasi cameristica e di un trattamento delle voci quasi teatrale, con non pochi riferimenti al Maestro Salisburghese. Il Benedictus ne è un chiaro esempio, con il tema principale esposto dagli archi, ripreso successivamente dal coro e dai solisti, che sembra tanto un finale di commedia, con attori e coro in scena a ricordare la morale della storia.
La morale è comunque sempre quella: che di Haydn non se ne può fare a meno, soprattutto quando chi ce lo racconta lo fa con tale impagabile piacevolezza.
Ben curata l'edizione EMI, con le 4 Messe riprese in anni diversi ma registrate sempre nella stessa Lukaskirche di Dresda. L'incisione esalta le voci e il coro in primo piano, che risultano sempre aperti ed intellegibili. Solo l'orchestra risulta, a tratti, poco incisiva soprattutto nella linea dei bassi, a causa di un eccessivo riverbero. Niente di preoccupante, se ad emergere è un coro come quello della Radio di Lipsia.
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