Una bella sorpresa.
Ecco come definirei “The Soul Sessions” (Virgin 2003) di Joss Stone. Devo confessarvi, infatti, che mi sono avvicinato all'ascolto di questo disco con circospezione. I numerosissimi elogi per questa ragazzina bianca, inglese, di sedici anni, innamorata del Soul a dire il vero mi insospettivano molto.
Allo stesso modo la storia della sua vita non mi convinceva del tutto. Joscelyn Eve Stoker, il suo vero nome, nasce nell’Aprile del 1987 a Dover in Inghilterra in una famiglia appartenente alla middle-class. Cresce circondata dalla campagna inglese, va a scuola e un giorno entra in negozio di dischi, dove miracolosamente acquista un "Greatest Hits" di Aretha Franklin. Il suo primo disco, per la serie "that's incredible". Si innamora del Soul. Inizia a cantare e, a quanto pare, è pure brava, ma non se ne accorge nessuno.
Fintanto che, due anni or sono, non partecipa ad uno show della BBC dal titolo "Star For A Night" (una sorta di "Saranno Famosi" per intenderci), dove interpreta "A Natural Woman" di Aretha Franklin, "On The Radio" di Donna Summer. Immediatamente molti gridano al prodigio per la voce della Stone. Viene notata dai dei produttori londinesi, contattata, scritturata e portata negli States dove incomincia la sua nuova carriera.

Sarò diffidente ma mi sembrava la trama di un film brutto e inverosimile. Mi sembrava una storia costruita per i media. Morale della favola, pensavo che anche “The Soul Sessions” fosse un pacco ben confezionato, ma tutto sommato abbastanza scarno al suo interno. Un pregiudizio? Certo un pregiudizio, chi non ne ha. L'importante è non diventarne prigionieri. Infatti, nonostante tutto me ne sono liberato velocemente. Mi è bastato un breve ascolto del disco, cui ne sono seguiti tanti altri.
Già perché la ragazzina ci sa fare, accidenti se ci sa fare. La sua voce è dolce, calda, profonda, emozionante, intensa e non è una banale imitazione di modelli leggendari come Aretha Franklin, anche se si avverte che ne è debitrice. Ha, comunque, una sua impronta, chiara netta e convincente. Ha un suo stile insomma.

Ora capisco perché hanno scommesso su di lei, sulla sua voce e perché per produrre quest'album di esordio siano stati chiamati alcuni illustri nomi della scena Soul di Miami, quali l'organista Timmy Thomas e il chitarrista Little Beaver. Grazie a questi musicisti, alla voce di questa ragazzina, all'eccellente produzione, ascoltare “The Soul Sessions” diventa, quindi, un piacevole viaggio indietro nel tempo.
Anche perché per questo esordio la Stone interpreta una serie di classici, più una chicca “Fell In Love With A Boy” di Jack White (“Feel In Love With A Girl” nella versione originale).

Il suo prossimo disco vedrà probabilmente la Stone non solo in versione di interprete, ma anche in veste di autrice. Sarà una specie di prova del fuoco per questa ragazzina. Nel frattempo possiamo goderci con calma "The Soul Sessions", non un miracolo, ma comunque un bel disco, un bell'inizio, una bella sorpresa.

Carico i commenti...  con calma