All'alba dei 90 poteva accadere pure di vedere orde di chiodi fermi a bollire sotto il sole, una marea di ragazzi puzzolenti e sgualciti in mezzo ai campi, si chiamava Monsters of Rock. Qui le attività principali, che separavano dal pathos e dall'adrenalina della tarda sera, si potrebbero oggi riassumere - in un epoca pre digitale, pre cellulare, pre social - nel mangiar panini di gomma, ridere, fare la fila ai cessi di plastica e fumarsi pure l'erba di quei prati ingialliti dall'agosto emiliano.

La lunga e noiosa attesa veniva a volte rotta con un rito collettivo che serviva a sancire l'appartenenza ad un culto, che serviva a prendere coscienza e convinzione d'essere noi e solo noi indubbiamente dalla parte giusta. La catarsi collettiva si compiva solitamente con un ritmato "chi non salta Jovanotti è" o con più prosaici cori tipo "Jovanotti vaffanculo".

Eppure, mi verrebbe da dire oggi, Jovanotti era clamorosamente innocente. Gli abitanti del villaggio gotico che, armati di fiaccola, cercano il mostro per ucciderlo è evidente che avrebbero dovuto fermare prima il vero colpevole,  il Dott. Framkenstein ovvero chi ha dato vita alla creatura. E avete capito che stiamo parlando del trentottenne, all'epoca, Cecchetto, autentico scienziato pazzo che modellò il suo Golem sotto ogni aspetto, a partire dalla scelta così stucchevole e chiara di chiamarlo Jovanotti. Ma chi sono questi giovanotti? I giovanotti sono i ragazzi sani, robusti, dai forti valori, forse anche un po' sempliciotti che sono per definizione giovanotti in quanto appunto "piccoli uomini" ragazzini talmente sensati da comportarsi da piccoli adulti. Non per nulla giovanotto è il termine che si usa anche per indicare un vecchietto che ha aspetto giovanile. Giovanotto indica qualcuno che appare come non è, come non dovrebbe essere per natura.

I giovanotti a cui si rivolge Cecchetto non si drogano, non bevono, ascoltano la mamma, amano fare festa e la loro più grande depravazione è pompare il volume.

"La mia moto", secondo album, è di gran lunga peggiore del precedente  "Jovanotti for president" (e questo la dice lunghissima) perché qui si sceglie di parlare italiano e programmaticamente Cecchetto abbandona il veicolo pseudo rap che era rivolto ai tredicenni per comunicare direttamente ai suoi giovanotti, sempre quelli, che hanno due anni in più e iniziano quindi ad avere le loro prime storie. L'idea che si vuole far passare è che si può essere sballati e alternativi, avere addirittura un'attitudine rock, essere alla Vasco (apertamente evocato nell'album) senza per questo fare come lui. Ma alla fine ne esce fuori un mondo che non esiste, edulcorato in maniera esasperata, fatto di valori bassissimi che neanche Moccia si sogna, un mondo dove il sesso, che si sta affacciando nella vita di questi giovanotti, può essere solo implicito, allusivo e mascherato attraverso doppi sensi e rimandi immaginifici nei testi.

Il mondo insomma è quello posticcio e plasticoso che proprio la generazione di Cecchetto ha alimentato e costruito negli 80, la generazione paninara dove l'importante è apparire e non essere, quella vuota di American Psycho di Ellis, quella spietata di Gordon Gekko di Wall Street. L'America e le sue icone, i suoi luoghi comuni, sono sempre il riferimento a cui aspirare (è lampante già dalla copertina) e come era per il fast food milanese di quasi dieci anni prima ora il nostro scienziato pazzo, abilissimo e attentissimo, sta plasmando il suo Frankenstein sui giovanotti dei 90.

Musicalmente l'album è completamente nullo, ovviamente irrilevante. La sezione ritmica, elettronica dozzinale, non fa che ripetere bum-bum-cha, bum-bum-cha per tutto l'album. La chitarra, quella che imprime la svolta rock e ribelle, è una zanzarina leggera -forse la suonava Nikki che su Deejay Television curava il rock duro, che tempi - e il resto è nulla, compresa ovviamente la voce di Jovanotti.

Come detto sono infatti i testi la parte più interessante, fin dall'inizio si chiarisce che non si sta ascoltando un disco ma si entra proprio a far parte di un gruppo, con le sue regole e la sua filosofia, lo spirito di aggregazione è fondamentale tra i giovanotti:

"Io sono Jovanotti, il capo della banda
se vuoi essere dei nostri devi fare domanda"

"Perchè siamo una banda siamo come una classe
ma i nostri professori sono le nostre casse"

Ai giovanotti piace da matti divertirsi e fare festa ma sempre innocentemente, candidamente, sono giovanotti semplici, che si divertono con poco e che hanno sempre ben presenti i limiti della buona educazione, della società e del pudore:

"Ci piacciono le tipe quelle che non se la tirano"

"Vai così, è una figata perché una storia così non c'è mai stata
che ci ammazziamo, ci divertiamo, facciamo i scemi"

"No Vasco, no Vasco, io non ci casco"

"Ma il massimo ragazzi, è quando riusciamo
a stare bene anche quando in giro non ci andiamo"

La ribellione è sempre minima, sopita, soffocata, pura e  senza conseguenze:

"Fazzoletto al collo e lo sguardo incazzato
per me una birra media e per te un gelato"

"Vestirsi da scemi e fare maranza
dire le parolacce essere molto lontano"
(dai genitori che per una notte dormono fuori ndr)

"Anche se la mamma dice che non si può
voglio pompare di più;
devo pompare di più"

"E se arriva qualcuno 
come dei bravi ragazzi 
abbasseremo il volume"

"Oh, mamma stasera esco prendo la moto, sì, ma senza casco
sì che sto attento, io son mica matto, è tutto a posto, vai!"

La metafora sessuale è comunque sempre presente, sfumata ma presente, ammiccante, i giochi maliziosi e i doppi sensi affiorano. Il sesso inizia ad entrare nella vita dei giovanotti:

"Mi sento il più gasato
pischello che ci sia."

"Quando sto su di lei
è proprio la mia festa"

"Ci provo gusto
ci provo gusto
a prendere le cose per il verso giusto"

"Pompiamo a centomila, sudiamo di brutto
e prima di finire ci leviamo tutto"

"Stasera voglio fare una festa
io e la ragazza mia
Dammi un bacio dai
Dove?
Come dove? Lo sai"

"E mi diverto quando sono con te
e ci inventiamo un sacco di cose strane
e poi facciamo quello che ci pare
e allora smettila di fare la mamma
appena sei vecchia farai in tempo anche te"

"Andiamo a farci un giro
fossi in te io ci starei."

I testi sono, come avete letto, di una semplicità strutturale, linguistica, disarmante. Non esiste poetica. Il messaggio deve esser chiaro, mai criptico, tutto deve esser sotto la luce del sole, persino le metafore. Sono passati vent'anni e sono cambiate un sacco di cose, siamo tutti più vecchi ragazzi... E voi, all'epoca, dove eravate? A pompare che è una figata o eravate tra i poveri impolverati e sfiniti a dormire nelle stazioni prima di tornare a casa?

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