Dopo lo spettacolare live "Unleashed In The East", cosa ci si poteva aspettare di meglio dagli "dei del metallo" ovvero i Judas Priest? Ebbene, nel 1980 questi non tradirono certo le aspettative con quello che oggi possiamo venerare come una pietra angolare del genere: "British Steel". Va premesso innanzitutto che è un disco ancora di passaggio, passaggio dalle sonorità originarie più epiche (per intenderci, le atmosfere che si possono trovare in "Sad Wings Of Destiny" e "Sin After Sin") a quelle più "dure" che troveranno la consacrazione nel loro massimo capolavoro, "Screaming For Vengeance".

"British Steel" è tutto giocato sull'alternanza di caratteri hard-rock e metal, il che è stato sempre il caratterizzante dei Judas Priest, e già dalla prima canzone ciò si fa notare: infatti il disco è aperto dal devastante riff di "Breakin' The Law", canzone autobiografica scritta dal cantante, Rob Halford, sul suo passato. Da notare che i chitarristi (ovviamente Glen Tipton e K.K. Downing) non fanno assoli per non stemperare la tensione.
"Rapid Fire" è veloce e infatti passa velocemente, mentre la terza traccia è un altro classicone: "Metal Gods", più lenta ma enormemente coinvolgente, uno di quei pezzi sempre eseguiti dal vivo (e direi!), che è anche l'origine del soprannome del gruppo e in particolare di Halford. Dopo di questa c'è "Grinder", nella quale riemerge qualcosa delle vecchie sonorità epiche della band, mentre nella successiva "United", un vero e proprio inno da stadio, è facile leggere una certa influenza dei Queen (ma questa è solo un'opinione). Poi parte "Livin' After Midnight", uno dei più grandi capolavori dei Judas Priest, e senza dubbio il brano più rappresentativo del disco; mi sembra proprio che questo pezzo citi l'hard-rock degli AC/DC, con il ritornello corale e il groove che lo permea.
Un'altro capolavoro, "You Don't Have To Be Old To Be Wise", continua sulla stessa linea di tutte le altre, ovvero un hard-rock più distorto e molto energico, mentre la successiva "The Rage" passa senza quasi lasciare traccia e la conclusiva "Steeler" è il brano più metal dell'intero disco, bella ma non particolarmente coinvolgente.

Per quanto i Judas Priest siano da sempre definiti una band metal, diciamoci la verità, solo "Painkiller" (e i seguenti...per quello che possono valere) è un disco metal, mentre il resto è hard-rock energico e distorto, ma probabilmente è proprio questo il punto di forza del Prete: questa commistione di generi, questo miscuglio di influenze, e di ciò "British Steel" è il lavoro più rappresentativo. Mentre il successivo "Point Of Entry" a mio parere è nettamente inferiore e "Screaming For Vengeance" è il capolavoro assoluto, è in questo disco che prende forma il suono su cui si costruira tutta la storia della band per gli anni '80 e '90.

Insomma da sentire.

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