I Judas Priest si erano fatti un nome e un repertorio durante gli anni '70. Con l'avvento della NWOBHM, essi compiono un prodigio degno di pochi: si fanno su un nuovo pubblico, che si aggiunge a quello vecchio, sfornano album destinati a diventare più classici di quelli classici, e riescono a rimanere sulla cresta dell'onda, cavalcando quest'ultima gloriosamente a testa alta.

Quindi, per celebrare il nuovo repertorio, i nuovi fan, il nuovo ciclo, i Judas Priest non possono far altro che pubblicare questo spettacolare doppio disco Priest... Live! In più, 'Turbo' aveva (ingiustamente) screditato la band agli occhi molti e i nostri avevano un certo desiderio di mostrare di essere ancora la heavy metal band per antonomasia. E puntualmente, quando 'Priest... Live!' uscì, i classicisti, i fan di vecchia data insomma, protestarono perché (almeno nell'edizione originale) il disco non conteneva neanche una traccia degli anni '70, il che venne frainteso come un taglio netto con il passato. La reputo invece una scelta sensata, in quanto rappresenta piuttosto il desiderio della band di cercare di non ripetersi e quindi di non mettere su Lp brani già sentiti su 'Unleashed In The East', considerata anche la vastità di repertorio nel frattempo creatasi dal 1979. Difatti, 'Priest... Live!' fu la gioia di tutti i metal kids degli anni '80.

Out In The Cold, che piaccia o no come pezzo, è suonata bene. Poi ci rituffiamo nelle atmosfere da On The Road di 'Point Of Entry', con l'immancabile Heading Out To The Highway: classico. Metal Gods, viene eseguita al massimo della potenza, soprattutto nel pezzo finale, dove sembra di vedere camminare per le strade i Robot, gli Dei di Metallo, e seminare morte e distruzione. "Breaking the what? Breaking the what? Breaking the What? The Law!", e già Rob Halford ci fa scompisciare. Breaking The Law: l'inno di una generazione. Lo stramegaclassico dei Judas eseguito alla perfezione, anche se forse stona quella parte solistica aggiunta. E arrivano quelli in cui a mio giudizio i Judas Priest eseguono meglio: i brani tratti da 'Defenders Of The Faith'. Love Bites è energica e grintosa, Some Heads Are Gonna Roll è una decapitazione in piena regola, se si alza il volume, per non parlare della mitica The Sentinel, una canzona dalle mille sfaccettature, che dal vivo rende meglio che in studio. E i Judas Priest sono talmente grandi da farti cantare in coro con loro pezzi meno in vista come Private Property e Rock You All Around The World. Poi iniziano le note epiche e gloriose di The Hellion che ci portano al terrificante mondo Orwelliano di Electric Eye, con gli assoli di chitarra uguali all'originale. E anche Turbo Lover risulta molto piacevole, anche se non come Freewheel Burning, che è un pezzo dotato di una dose di velocità e aggressività notevoli e Halford urla l'anima dei Santi.

Parental Guidance si lascia ascoltare e risulta molto convincente, anche perché il pubblico apprezza e canta insieme. "You want some more, you maniacs? You've got it!" grida il nostro. Living After Midnight poteva mancare? Certo che no! Ed eccola qui... con finale a sorpresa improvvisato! Halford carica il pubblico a dovere, con i suoi "Oh Yeah" e poi, incalzante come un rullo compressore, irrompe You've Got Another Thing Coming, con il suo incedere aggressivo, dettato dalla sfolgorante sezione chitarristica di K.K. Downing e Glenn Tipton, e come al solito con l'improvvisazione al centro: il pubblico è invitato a fare a casino con Rob Halford... e si fa sentire a squarciagola. Qui si concludeva l'album originale, al grido di "Judas Priest, Judas Priest!". Belle le bonus tracks: Screaming For Vengeance spacca... i timpani!!!, Rock Hard Ride Free è fenomenale e Hell Bent For Leather, con la mitica entrata sul palco di Rob con la Harley Davison e la frusta in bocca, fa faville. La moto finiva irrimediabilmente per terra, massacrata colpi di frusta, perché Rob Halford non è tutto sano. Un mito!

'Priest... Live!' è la testimonianza di una band sana, a mio giudizio ingiustamente screditata dopo le controversie generate da 'Turbo'. Un buonissimo live insomma, con una band in forma, soprattutto nel repertorio più recente, come si sente nei pezzi da 'Defenders Of The Faith', anche se forse, facendo un confronto, si può dire che non raggiunga appieno le altezze toccate da 'Unleashed In The East', anche perché qua e là, in una o due frasi, Halford non canta proprio alla perfezione, pur aggiustando subito il tiro. Resta pur sempre a mio modesto parere un album più che degno di nota, per una storica band che dovette riguadagnarsi agli occhi di molti un rispetto che in realtà non aveva mai perduto.

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