Mancano ancora 3 anni (o forse 2?! non ricordo) per l'uscita di "Painkiller" che è in agguato, siamo nel 1988 e i Judas Priest pubblicano questo "Ram It Down".
Non sprecherò commenti sulla gloriosa band icona e pioniera del genere heavy, ma vi dirò cosa contiene questo disco, che credo tutti i fan del genere già sappiano, e quindi non so se parlare a dei profani dell'heavy metal o descrivere qualcosa che tutti voi (true metaller) di certo condividerete (almeno spero...).
I Judas si presentano bene come non mai, con il giusto connubio di freschezza e tradizionalità. Freschezza perché i Judas sono davvero in forma e tradizionalità perché comunque la loro musica è legata al filone del metal classico, testimoniata dal songwriting di questo disco.
Le canzoni spiccano tutte, in particolare la opener (introdotta da un urlo tipico alla Halford) e pezzi come "Heavy Metal", "I'm a Rocker", "Monsters Of Rock" e "Blood Red Skies", in cui Tipton e Downing dimostrano di essere dei veri guitar heroes. Si fa infatti un gran parlare del tecnicismo anni '80 e di tutti i chitarristi che emersero dal focolaio dell'epoca, discussioni che da ragazzi (più o meno adolescenti) erano infinite perché ognuno voleva la sua ragione e far prevalere il suo chitarrista preferito. E allora si sprecavano lusinghe ai vari Malmsteen, Satriani, Gilbert e tanti tanti altri... Ma soffermandosi un attimo, ragazzi, secondo me questi due non hanno avuto niente da invidiare a nessuno, con tutto il rispetto per gli altri: riffs d'acciaio e assoli inarrivabili! Ecco cosa contiene (tra gli altri elementi) un disco dei Priest, e le canzoni che vi ho citato lo dimostano, oltre ovviamente a tutto quello che hanno fatto vedere durante gli anni nella loro carriera.
Fatta questa parentesi chitarristica, vi segnalo poi una cover della celeberrima "Johnny B. Goode" di Chuck Berry (anni '60) che qui troviamo con la carrozzeria "metallizzata" che la rende consona all'album in cui è stata inserita, e la bellissima conclusiva "Love You To Death" dove Halford duetta con la chitarra nel finale.
Insomma un album dove ci sono tutti gli ingredienti del classico metal e dei Judas Priest, che sfoderano tutte le loro armi migliori. Questo, se non è un capolavoro, poco ci manca, ma solo perché come ho detto all'inizio di lì a poco uscirà "Painkiller".
Un must da collezione.
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