Non mancano certo i buchi di sceneggiatura.
Il Presidente Barbicane che inventa un modo per attenuare l'effetto entro il proiettile dell'immenso impulso di partenza, non risulta oggi credibile neppure ad un ragazzino di prima superiore.
I metodi chimici per la produzione dell'ossigeno, che consumano piú ossigeno di quanto ne producano.
Il progetto di spedire annualmente ai coloni un proiettile pieno di provviste. Contando sul fatto che "piú o meno" sarebbero arrivate ove potessero essere ritrovate. Cosí, alla cieca.
E soprattutto il capitano Nicholl, che scommette cifre importanti sul clamoroso fallimento del lancio e che, pur confermando che si tratti di un'assurditá, accetta in un microsecondo di farsene equipaggio.
Per non parlare del Terranova mangia-carne mangia-ossigeno ingestibile e - poi - a che scopo?
Su ciascuno di questi punti - ed altri - Verne avrebbe potuto, con una revisione supportata da terzi, ottenere un'opera meno incline alle contraddizioni.
Ciononostante, l'accettiamo con affetto.
Ma non prendetelo come romanzo di fantascienza, sarebbe chiedergli troppo.
Son passati 160 anni.
Anzi, in realtá ne ha azzeccate un mucchio.
Quindi che romanzo é, oggi?
É una testimonianza.
La prima parte é un romanzo che descrive il modo di far politica in America a metá del diciannovesimo secolo.
O almeno, la narrazione ironica che ne dá un colto francese.
La seconda parte é un romanzo che descrive il modo di fare industria in America a metá del diciannovesimo secolo.
O almeno, la narrazione ironica che ne dá un colto francese.
La prima e la seconda parte insieme sono un trattato di costume, di come agli occhi di un notabile della vecchia Europa si vedano questi americani, misto di esuberanza, intelligenza, spirito d'iniziativa, barbarie, caparbietá, bellicismo, ignoranza.
Questo nuovo arrivato, Michel Ardan, apparentemente fuori luogo e fuori tempo, brillante esploratore francese dall'animo leggero, rappresenta l'Alter Ego di Verne, e insieme rappresenta - con il conferimento della cittadinanza onoraria statunitense di cui viene fregiato - il vero desiderio di collaborazione e fratellanza cui si ispira il romanzo.
Verne ha sottovalutato un mucchio di problematiche - o meglio, le ha indirizzate correttamente ma ha sottovalutato nettamente il livello di complessitá necessario per una soluzione.
Eppure si riscatta nel finale, con un epilogo che é - a parte tutto il resto - l'unico modo "verosimile" nel quale questa bella storia puó finire.
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