Ci mancava solo sto Julian, ci mancava. Giuro, non ci sto a capì più niente…

Un cavolo proprio.

Tanto per cominciare la Susanna adesso fa musica a colori, non so, dice che ha letto un libro e blatera cose tipo: “d’accordo il gotico, d’accordo tutto, ma un tuffo in un caleidoscopio l’avete mai fatto? No? E allora che aspettate gonzi?”

E Roberto, beh Roberto si è messo a fare il pop, una roba sghemba, lunatica, bizzarra, tutto quello che volete, ma alla fin fine sempre pop rimane, no? Tra l’altro pure lui coi colori non scherza, anzi è pure peggio della Susanna. Quindi che ci azzecchiamo noi?

Poi ci sono i signori Rossi, quei tizi che spargono fiori ovunque e fanno delle canzoni che potremmo definire Oscar Wilde meet jingle jangle. Ma dico io, stiamo scherzando? Proporre a noi quelle chitarrine luccicose!!! Quella specie di primavera!!!

Ma, porca di quella miseria, non dicevano tutti che il cinema era meglio in bianco e nero? Che una ninna nanna batte una filastrocca dieci a zero? Che il nero è figo e, soprattutto, snellisce?

Mica pretenderete, spero, che io e la mia cricca ci si rifaccia il guardaroba? Noi siamo bellissimi, merda, una nuvolaglia tra il nero e il grigio. Una roba, fai conto, come quattro cinque copertine di Rokerilla appese al muro.

Oh Lulù, che ci vuoi fare, lo stile necessita di continui corsi di aggiornamento.

...

Ce ne stiamo in questo bar dove al posto dell'assenzio servono un brodino verde melma.

Siam qui mezzo polleggiati/mezzo nervosi, avvinghiati/abbarbicati ad un astruso concetto di autoproclamata aristocrazia, consci, immagino, di sparare solo cazzate.

A svettare sono Aris, anti melodico maestro di eleganza e Penazzi, essere cubico irrorato da finezza.

Poi, al centro di uno sciame di deliziose rotondette sfilzate in nero, troneggiano un paio di strafighe perfide e sognanti, consigliere a gratis su argomenti decisivi quali look e galateo dark.

Sparpagliati nei rivoli dei tavoli secondari siedono invece scalcagnati maitres a penser dalle specialistiche assortite: etica del samurai, estetica cimiteriale, fiori del male al burro fuso.

Insomma quintalate, anzi tonnellate di atteggio cercando disperatamente d'esser fighi.

A soffiare su questo strano cielo c'è una musica che fa impazzire tutti: Joy Division, P.I.L, Bauhaus, Siouxie, Cure, A Certain Ratio. La nostra musica, merda.

Quindi che cazzo vuole questo Julian? E come si permette il sole di far capolino in mezzo alla nostra fighissima nuvolaglia?

Rilassati luludia, rilassati.

Ti piace la musica malaticcia, ombra/ psicosi/angoscia e via dicendo? Tranquillo, allora. Questo sole non è esattamente il ritratto della salute…

No?

No.

...

Julian è uno che ha rischiato di finire nei diari delle ragazzine in mezzo a cuoricini e nuvole rosa, solo che poi si è fatto troppi acidi.

Ricordi di Top of the Pops con lui che camminava sul pianoforte temendo di finirci risucchiato dentro. Meglio canbiar aria..

Si rifugia allora nel natio borgo selvaggio, le colline sono in fiore, ma la gente lo guarda male. Lui passa alle anfetamine e si nutre di barrette di Mars comprate dal benzinaio.

Il primo capolavoro che licenzia è “World Shut Your Mouth”, una cosuccia sospesa tra acume post punk, freschezza sixties e stralunato istinto pop. Trattasi di sentieri accidentati percorsi a passo dispari tra velocità folle e stralunata eleganza, che un attimo sei terribilmente figo, l'attimo dopo sbatti contro l'elegia.

Ecco, “World Shut Your Mouth” è un disco che dovrebbe spaccare il mondo, ma quel che succede è quasi meno di niente. Lui si sente “fritto”, ma è uno strano pesce e, nonostante la padella e l'olio bollente, continua imperterrito a guizzare.

E allora, se anche la gente continua a guardarlo storto, lui, per tutta risposta, compra da un rigattiere una corazza di tartaruga, poi va a abitarci sotto, al riparo da stronzi e filistei.

Il mondo da li è un motivo stonato, una via di mezzo tra beatitudine e malinconia. “oh no, non cacciarmi fuori, non ho un posto dove andare, le ore di veglia sono le più solitarie per i ragazzi sinistri come me”...

Tempo pochi mesi e esce “Fried” e “Fried” va oltre...

Fai conto una psichedelia di una gentilezza enorme, aristocratica e sballata. Julian canta in quel modo molto viva l'Inghilterra, mezzo Kevin Ayers e mezzo “al momento non saprei chi”. Una roba perfetta per tutti gli smandrappati con un quarto di nobiltà.

Non contento ci infila pure l'oboe, fottuta e meravigliosa chamber machine, come a dire, cazzo, siamo drogatissimi, ma anche stilnovisti e pastorali fino al buco del culo. Tipo che sbatti sul muro soffice di un mattino di primavera. Tipo che il sorriso del folle è un cuscino di nuvole pigre, una crepa sottile nell'aria.

Qualcosa di “elegante e vulnerabile”. Una sottile vibrazione che cattura la luce e tu non sai se ridere o piangere oppure stamparti un sorriso beota sulla faccia.

Che poi non è finita qui, questo è solo il lato ballad. C'è anche il garage virato psych, c'è l'urlo alla Morrison, c'è il jangle splendente. Non manca nemmeno la possibile hit, quella “Sunspots”, sigla d'apertura e chiusura delle nostre notti di allora. Inutile dire, però, che di hit manco a parlarne…

Poi, va beh, i nostri plumbei dark gotici ben presto han cambiato idea. Il fatto che non si sia irremovibili è sempre un bene.

Trallallà...

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