Dopo aver rilanciato praticamente da solo una scena, che giaceva dai piú dimenticata, come il Krautrock (con il benefico effetto di rendere finalmente disponibile certi gruppi e album, che prima si trovavano solo difficilmente e a cifre elevate, al „grande pubblico“) tramite il suo Krautrocksampler, Cope tenta il bis, stavolta dedicando le sue amorevoli cure all´Impero Nipponico. E mentre ormai per il neofita é ormai possibile trovare informazioni, perlomeno sui principali gruppi, riguardo al kraut su praticamente ogni portale che tratti in maniera un minimo approfondita di rock e derivati, il Giappone presenta invece per i piú ancora un incognita, seppur in tempo recente molti gruppi come i Ghost, i Boris, i Boredoms o gli Acid Mother Tempels sono riusciti a ritagliarsi una buona fetta di estimatori tra il pubblico alternative.
Ma nonostane il successo degli esponenti piú recenti, ben poco si sa del passato del paese, sia per la difficoltá non indifferente rappresentata dalla barriera linguistica, che per la riservatezza dei giapponesi stessi di parlare del loro passato recente (in quanto il rock si affermó parallelamente ai movimenti di protesta, facendone parte integrante) ed infine, ammettiamolo, anche perché per quanto magari interessanti, il contributo dei gruppi nipponici alla storia della musica sicuramente non é paragonabile a quello delle controparti occidentali. Ebbene con questa suo opera Julian tenta di gettare un po´ di luce nelle tenebre, dividendo il libro in due parti; la prima che analizza brevemente la storia post-guerra mondiale del giappone (in funzione ovviamente musicale e quindi tutt´altro che esaustiva, ma sufficente a raggiungere lo scopo), spiegandoci il contesto socio-culturale nel quale presero piede i primi timidi tentativi di suonare musica „occidentale“ ed una seconda in cui invece i gruppi piú meritevoli (ovviamente secondo la leggitima e soggetiva opinione dell´autore) vengono approfonditi nel dettaglio; con in appendice una personale top 50.
Il libro rappresenta gli stessi punti di forza/deboli del suo predecessore: ovvero Cope scrive inanzittutto come amante della scena e con uno stile molto informale e personale, che magari potrebbe non entusiasmare coloro che prediligono analisi piú distaccate/oggettive. Personalmente mi sono molto divertito leggendo questo libro, che scorre via liscio intrattenendo, ma che nel contempo mi ha anche fornito parecchie informazioni, raggiungendo quindi per quel che mi riguarda ottimamente il suo scopo. Non posso ancora sbilanciarmi troppo, invece, sulla bontá dei gruppi trattati in quanto ancora solo all´inzio degli ascolti, ma per ora su tre gruppi consigliati due mi hanno entusiasmato e il terzo, per quanto inferiore alle aspettative non mi ha di certo schifato, tutto sommato una buona media quindi.
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