Ci aveva abituato ad attese lunghissime sul mercato musicale, ma lo Juri Camisasca degli ultimi sette anni sembra non volersi fermare. Tre album in studio intervallati dai live Evoluzione interiore e Dal vivo dalla Cappella Palatina. Proprio nella fase della piena maturità (è del 1951, aveva quindi 65 anni nel 2016) si mette maggiormente in mostra, come mai fatto, partecipando anche a trasmissioni televisive.

Laudes è il prodotto targato 2019, tra brani nuovi di zecca, ripescaggi gloriosi e canti tradizionali della liturgia cattolica.

Apre proprio Laudes, quasi recitata, con stile meditativo. Un buon biglietto da visita. Inno alla luce ha un bellissimo testo, e l'andamento musicale è simile al precedente brano. Panis Angelicus è un canto tradizionale interamente in latino. Buona interpretazione e arrangiamento. Oltre l'uomo: "il principio che unifica il molteplice non è nato e non muore mai", grandissimo testo e musica soave. Ma il gioiello deve ancora arrivare... Exultet è un altro tradizionale, che viene cantato nella notte di Pasqua. Arriva poi Nomadi, che incredibilmente Juri, dal 1987, non aveva mai messo su disco! È famosissima nella versione di Franco, di Alice, ed è davvero un privilegio poterla ascoltare cantata dall'autore, con tanto di video. Si passa di nuovo alla tradizione con Israel, questa volta con uno sguardo all'Oriente. Talita kum, ovvero "alzati fanciulla", invece è un brano del Servizio Nazionale della Musica e del Canto del Rinnovamento dello Spirito Santo. Flos Carmeli invece è la più antica invocazione alla Madonna del Carmine. Anche questa, naturalmente, tutta in latino. Prima di altri due classici liturgici, Gloria Laus e Pange Lingua, c'è il gioiello di cui prima, L'impermanenza, per me la migliore dell'album e quella che mi ha colpito di più già al primo ascolto di un paio di anni fa. Laudes propone pochi inediti, ma è un prodotto valido e di livello, da 4 stelle.

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