Molte volte un componente di un qualsiasi gruppo ben noto, concepisce l'idea di un lavoro solista solo dopo che ha alle spalle una carriera pluriennale. Ma si può accettare anche uno strappo alla regola. L'artista di cui parlerò in questa rece è il giovanissimo Jeff Loomis già chitarrista degli abili Nevermore, il quale fa parte delle nuove leve del panorama chitarristico.
L'album pur non essendo ovviamente un must per gli album strumentali del 2008, il suo autore si fa comunque notare, avendo all'interno una grandissima passione per il proprio strumento, una tecnica eccellente e una buona mentalità musicale. Il sound dell'album è un miscuglio fra: riff sicuramente di stampo thrash metal, ambienti sconfinati e freddi tipici del sound technical, dissonanze provenienti dai Meshuggah più sereni, tante pentatoniche e tante scale antiche che conferiscono ai brani il sapore "neo-classico" che tanto amano i chitarristi odierni.
Loomis oltre che a essere un' apprezzabile e fresco chitarristica, è anche un cuoco, e forse in questo suo lavoro si può intravedere questa sua seconda passione, (non prendetemi per pazzo), perche è come se "preparasse un piatto", poiché le strutture dei brani sono piacevolmente studiate e incalzanti, tutto questo per soddisfare tutti i tipi di palati.
Loomis in un'intervista a metal hammer dichiarò di non aver mai studiato nessuna regola teorica musicale, nessuna nozione sulla composizione; ecco qua che ci troviamo davanti un raro esempio di come avvolte, la conoscenza delle regole teoriche sia solo un agevolazione e non un obbligo. In molte traccie Loomis sarà coadiuvato da ospiti eccezionali come: Ron Jarzombek in "Jato Unit", il cannibale Pat O' Brien in "Race Against Disaster", ma soprattutto il riconoscibilissimo solo di basso del grandioso e guida per tutti i bassisti Michael Manring in "Cashmere Shiv"
Analizzando le varie tracce:
"Opulent Maelstrom" ha un incedere diretto e furioso, grazie a una rispettabilissima sessione di accompagnamento e dalle parti batteristiche ovviamente provenienti dal death. La distorsione di Loomis e tiratissima tagliente, ma non fastidiosa, alleggerita con un sapiente uso del pedale wah. Le parti di chitarre ci sovvengono in questo brano con sfumature fusion; accettabile e astuta la scelta di dare dei contrappunti alle chitarre, perfettamente mixati. Parlando delle presenti dissonanze si deve ammettere che non sono proprio originali, ma comunque vivaci e ben inserite nel contesto caotico di questo pezzo.
"Jato Unit" è impregnata di bellissimi riff stoppati, dall'estro battagliero, perché appunto si noterà come tutto l'album possa essere il sottofondo di qualche battaglia, grazie a varie elementi contrastanti fra loro che quasi "combattono". Anche chi non è inserito nel death noterà come le ritmiche e l'equalizzazione chitarristica e le cadenze siano simili a "Dead eyes see no future" degli Arch Enemy, ammettendo come sicuramente Michael Amott abbia influenzato Loomis.
"Cashmere shiv" profonda e molto epica e con stacchi gradevoli. Gli accordi iniziali aperti sono ripresi per tutto il brano che assume, come ci suggerisce il titolo, sonorità orientaleggianti piuttosto ricche; da apprezzare il solo di basso di Manring. Si nota come la chitarra entra a brano già avviato, eseguendo principalmente melodie strazianti. Loomis ci da prova come sappia utilizzare al meglio gli armonici artificiali e i vibrati; sono appunti i vibrati a permettere l'esecuzione pulita di note lunghe ricordando molto situazioni doom.
"Sacristy" in modo pacchiano sfrutta cadenze classiche e la chitarra ha un suono caldo e un attacco rilassato e pulito. Pur essendo un brano lento certi tecnicismi si impongono prepotentemente, ma non danno sensazioni di ostilità e non evocano scenari maligni essendo il mood, in certe parti, stranamente avvolto da una sensazione quasi di "tenerezza". Interessantissimo e degno di molto ascolti questo brano.
"Departure" è un brano principalmente acustico ma pur nella sua semplicità presenta pad di archi che riempono il tutto.
La produzione è pulita e curata nei dettagli, ed è stata eseguita nello studio domestico di Loomis. Il chitarrista inoltre non si lega agli stereotipi delle marche chitarristiche, utilizzando strumenti principalmente artigianali e quindi dalla ottimissima resa sonora. Usa principalmente chitarre a sette corde accordate un semitono sotto e con accordatura aperta, appunto molti passaggi e molte scale assumono sfumature particolari grazie anche a questo utilizzo.
È da citare il fatto che questo bravissimo musicista, non abbia una particolare ambizione di carriera solistica, limitandosi a produrre da se i suoi lavori, lo si potrà vedere raramente da solo in un palco, ma sicuramente si potrà apprezzare la sua maestria con i Nevermore anche come compositore.
Parlando del gruppo che accompagna Loomis in questa impresa abbiamo, oltre i già citati artisti d'eccezione,: Mark Arrington alla batteria che svolge un ottimo lavoro per quanto riguarda il sottolineare le varie intensità, Neil Kernon programmer e tastierista al lavoro anche con Nile e Cannibal Corpse e che contribuisce alla formazione del sound più estremo di questo disco.
Lavoro ottimale, forse certi brani occorrevano di una "ricognizione di idee", ma pur sempre apprezzabile. Giusta uscita nello scenario metal solistico che consiglio a tutti.
Complimenti allo chef !!!
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