“L`uso continuativo di lassativi può provocare assuefazione o danni di diverso tipo. Non usare il farmaco se sono presenti dolori addominali, nausea e vomito. Se la stitichezza è ostinata consultare un medico”.


Certe avvertenze dovrebbero scriverle, oltre che sui medicinali, anche sui dischi di power metal. Ultimamente, infatti, dopo aver ascoltato un po’ di mondezza power, ho dovuto riequilibrare il corretto transito intestinale, nonché ristabilire il giusto equilibrio della flora batterica all’interno dello stesso. 

Tuttavia, se è la musica a causarti il problema, sarà la stessa a risolvertelo. Quindi non spendete soldi in fermenti lattici ma gettatevi direttamente sui Kadavar.

Orgoglio italico!

Cazzo che violenza, che esplosione di energia e di voglia di spaccare cielo e terra!

Sapete, ultimamente i termini “estremo”, “duro” o, più semplicemente “metal”, credo stiano diventando sovrabusati. Questo per via di innumerevoli fattori, tra i quali cito i principali. Oggi, ad esempio, chiunque riesca ad imbracciare una chitarra o a strimpellare uno strumento o, ancora, a maneggiare le bacchette si sente in dovere di mettere su una band e di giocare a fare i metallari. Il peggio è che c’è gente che li promuove e offre loro un contratto. Cosa ancor peggiore è che c’è chi compra i loro dischi. Cosa che non riesco affatto a digerire neppure con 10 litri di acqua e bicarbonato sono gli elogi che la stampa fa a costoro se provenienti dal suolo italico (“…. So itaGliani… e fammole magnà!”)

Non parliamo di tutte quelle pseudo metal band che si infilano nel filone (perdonate la cacofonia) del power “gay” metal, sia esso sinfonico o no. Ma che cazzo di male abbiamo fatto? Oggi sembra che qualsiasi disco possa essere etichettato “metal”. Avete presente tutta quella roba sinfonica? O quella popettara tipo The Rasmus? Beh, anche loro sono metal. Io non ci credevo, almeno fino a quando non vidi “DeadLetters” recensito su tutte le riviste Hard n’ Heavy. 

Roba da matti…..

Vabbè, tralasciamo questi discorsi, altrimenti entriamo in un campo minato da quale sarà difficile uscirne fuori vivi. E ritorniamo ai nostri Kadavar e al loro omonimo debut album. Che definirei, semplicemente, ottimo.

Perché, i Kadavar, hanno controcazzi da vendere e da sfoderare in quantità industriale. Controcazzi dei quali la band fa il suo stendardo di battaglia. E non se ne vergognano. Te li tirano appresso e ti seppelliscono sotto una montagna di growl, riff assassini e assoli micidiali che ucciderebbero il metallaro “fighetto-nerd” medio che, durante la sua carriera, ha ascoltato solo metal “made in Dragoni & Spadoni Land”, con singer biondissimi, dalla voce bianca, tutti eunuchi che cantano le glorie e lle avventure degli ammazzadraghi e degli spadoni che dovrebbero infilarsi su per il deretano a mo di terapia colon-endoscopica.
Al contrario, questi Kadavar il loro lavoro lo fanno davvero bene, con estrema diligenza e cura. Sotto ogni punto di vista.

Il songwriting sembra essere direttamente uscito e resuscitato dai seminali Entombed, The Crown, Morbid Angel e tutte le band che hanno reso grandi un genere come quello del death metal, quello più estremo ed epocale. Quello che rimarrà per sempre immortale.

Un muro di decibel in quantificabili viene posto in essere grazie al lavoro di una band che sembra caricata ad energia perpetua interminabile, grazie ad un drumming ad elicottero, debitore del miglior Dave Lombardo (avete presente l’esibizione di questi in “The Gathering? Beh…. Ci siamo…). Semplicemente distruttivo.

Dobbiamo parlare del singer? Dobbiamo mettere in campo i growl animaleschi e brutali di Luka “Luca” Colucci? Ebbene facciamo, cavolo, facciamolo! Perché questo ragazzo ha talento da vendere. Sembra un demone incatenato ed assetato di sangue rinchiuso in una delle caverne degli antri più bui, oscuri e desolati dell’inferno. Ascoltare per credere l’esibizione del nostro singer, un mostro di talento, una forza della natura. Instancabile e terrificante.

E, allora, diamo libero sfogo alla nostra rabbia e alla nostra voglia instancabile di ascoltare dell’ottimo metal, degno di tale nome, e che, cavolo, sia metal estremo con quel groove che ci lasci schizzare via le cervella fuori dal culo! 

Non c’è bisogno di un filantropo in materia per capire che siamo al cospetto di autentici portenti. L’opener basta e avanza come biglietto da visita. Quella “Behind The Storm” che si lascia commentare da sola già dal titolo. Così come la successiva “From Flesh To Sorrow” si dimostra l’ennesimo esempio di brutalità eseguita alla perfezione da un Luca Braggion che sfodera riff micidiali e assoli travolgenti ma senza scadere nel pacchiano, magari, dando l’impressione di saperli eseguire solo velocemente e di “appiccicarli con lo scotch”. 

Un perfetto connubio tra velocità, pesantezza, brutalità e melodia. Tutti ingredienti dosati al milligrammo onde creare qualcosa di perfetto, anche grazie ad un’ottima produzione che rende ancor più giustizia alle song in questione.

Lasciatevi travolgere, allora, dalla fenomenale “Lust Of Mortal Decay” song che avrà come unico scopo quello di resuscitare i morti e i vostri istinti più primordiali. Canzone praticamente perfetta nella quale la parte da leoni la fanno il duo Luka-Luca. 

Credo, a questo punto, che proseguire con un track by track che ripeta sempre le stesse cose e che continui ad elogiare la band all’infinito sia davvero inutile.

Anche se, un’ultima menzione mi pare doverosa. Mi riferisco, in particolare, alla stupenda strumentale “Ghost Of Revelation”, dalla quale traspare l’animo meno animalesco e più umano della band. Ottima strumentale, molto melodica, lunga quanto basta. Song molto debitrice a quella “In Memorian”, dei seminali “The Crown”; song nella quale le tastiere “corteggiano” i meravigliosi fraseggi e i guitar solo di Braggion. Song che, altro non fa che spezzare il ritmo, accelerato all’inverosimile, onde far riprendere fiato all’ascoltatore per poi catapultarlo, inconsciamente e di nuovo, all’interno della oscurità che fuoriesce nella lenta e ossessiva “Morbid Sens Of Weakness”, magnifica traccia che meriterebbe una recensione a parte.

Io ho finito. Non aggiungerei nient’altro perché non c’è null’altro da dire.

Ottima band, ottimo disco e ottimo artwork. 

Sperando in un, altrettanto, ottimo proseguo, non posso far altro che promuoverli a pieni voti.

Sayonara!

Elenco tracce e video

01   From Flesh to Sorrow (04:11)

02   Return to Ashes (03:51)

03   Behind the Storm (04:37)

04   Global Collapse (04:57)

05   Towards the Abyss (03:46)

06   Morbid Sense of Weakness (05:32)

07   Lust of Mortal Decay (03:45)

08   Ghost of Revelation (03:32)

09   Mirror of Lies (03:11)

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