Sono tante le sensazioni che si provano dopo l'ascolto di "The Black Halo", l'ottavo lavoro in studio dei Kamelot è infatti un'opera molto complessa e non facile da metabolizzare per l'ascoltatore.
Il disco inizia esattamente dove era terminato "Epica" (2003), siamo ormai al secondo e conclusivo atto della rivisitazione del "Faust" di Goethe. Ariel (l'eroe) per ricevere il perdono da Dio dovrà completare il viaggio attraverso le conoscenze dei limiti umani e superarli con le proprie forze.
L'idea di base su cui poggia l'album è dunque estremamente affascinante ma anche molto complessa. Lo stesso disco risente (positivamente) di questa complessità, le canzoni sono più "oscure" che in passato e denotano una maggiore "profondità" sia a livello di testi sia a livello di temi trattati. Anche il sound mostra dei cambiamenti, il disco non si discosta dal power metal a cui la band ci ha abituati in questi anni, ma presenta riff più cupi, parti orchestrali più presenti e in generale melodie meno rilassate che in passato.
A livello tecnico la prova dei tre musicisti americani è complessivamente buona, poichè sono stati in grado di disegnare bellissime melodie senza cadere in inutili virtuosismi, accompagnando la voce di Khan in maniera sempre azzeccata e raffinata.
Una volta inserito il cd e chiusi gli occhi comincia l'avventura, un'avventura suggestiva che porta verso l'esplorazione di melodie, di luoghi, di colori, di uomini.
Il brano di apertura "March Of Mephisto" con il suo andamento lento e cadenzato, la chitarra aggressiva e la voce molto calda trasmette immediatamente un forte senso di inquietudine. Splendido il dialogo tra Ariel (Khan) e Mephisto (Shagrath). "When The Lights Are Down" accellera i tempi, il doppio pedale di Casey Grillo scandisce il tempo con rapidità, la chitarra di Thomas Youngblood diventa quasi violenta e l'inquietudine si trasforma agitazione. Dopo la sfuriata il ritmo rallenta leggermente con la splendida "The Haunting", la voce di Khan continua a brillare e si getta in un dialogo cantato in maniera sublime con Simone Simons. La traccia seguente, "Soul Society" è la canzone che forse meglio rappresenta i Kamelot, strofa tirata e ritornello ricco di inserimenti orchestrali, il risultato è ottimo, non c'è quasi tempo per pensare, tutto e davvero troppo bello per distrarsi.
Arrivati al primo interludio "Dei Gratia" (cantato in latino) l'atmosfera si fa più rilassata, la voce di Khan continua a guidarci attraverso luoghi oscuri ed angusti.
Il sesto brano "Abandoned" è l'unica vera ballata, brano molto bello soprattutto grazie al duetto Khan-Mari (Epica) che lascia davvero senza fiato, la sensazione di assistere ad un'opera teatrale è molto forte. "This Pain" prosegue la linea tracciata dalle precedenti canzoni, la strofa dura viene accompagnata da un ritornello più lento, ottima come al solito la prova strumentale anche se tra i brani presenti è sicuramente quello che colpisce di meno. "Moonlight" è a mio avviso uno degli episodi migliori che il disco propone, la chitarra entra prepotentemente con un riff violento e quasi "strappato", tutta la strofa è dominata dal basso fino al ritornello molto melodico e piacevole, travolgente nel suo insieme.
Il secondo interludio "Un Assassino Molto Silenzioso" vede Cinza Rizzo cantare in italiano dentro una taverna con tanto di rumori e fisarmonica, davvero evocativo! La titletrack "The Black Halo" si presenta discretamente grazie a riff heavy ed una sezione ritmica curata, anche se si tratta di un pezzo non straordinario.
Siamo all'apice, "Memento Mori" è senza dubbio il brano migliore, partenza lenta e rilassata con un grande apporto degli archi, seguita da riff duri e aggressivi, un lungo assolo, un dialogo Ariel-Mephisto ed un finale splendido che coinvolge come non mai, le emozioni hanno ormai raggiunto il punto più alto, oltre è impossibile andare.
Il compito di chiudere degnamente spetta a "Serenade" canzone speranzosa, l'atmosfera è ormai più rilassata e si possono riaprire gli occhi, l'avventura finisce ma i ricordi di questo splendido disco rimangono.
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