I Kampfar, eterea e sublime creazione dei norvegesi Dolk e Thomas, sono abili come nessun altra band a proporci un suono carico di epicità e crudeltà.
Formati nel 1994, i Kampfar sublimano Black Metal e Folk nordico, narrano antiche saghe animati dal cupo fatalismo vichingo, con un occhio di riguardo alla celebrazione della madrepatria. Nonostante la presenza nel loro repertorio di puri gioielli musicali quali "Hymne" e "Norse", questi cantori norreni nascono e tuttora sopravvivono come gruppo di culto, pressochè ignorati dalla massa.
L'album che analizzo in questa scheda è il loro secondo full-lenght, "Fra Underverdenen" ("Dal regno dei morti"), risalente al 1999. Il feeling richiamato è oscuro ancor più che in passato, e le intenzioni della band vengono esemplificate non appena premiamo il tasto play del nostro stereo: "Svart Og Vondt" si apre con il ritmico flusso delle onde, portatrici di indicibili orrori del passato. Il mid-tempo è sofferto e mai banale, scava nella nostra memoria riesumando visioni di tempi dimenticati; le risate feroci di creature innominabili e il glaciale screaming di Dolk turbano nel profondo la nostra coscienza. Concluso l'incubo marino, ci addentriamo nelle profondità di "I Ondskapens Kunst", traccia dal forte sapore medievale, introdotta da chitarre acustiche spiccatamente Folk, debitrici dirette degli Ulver di "Bergtatt" o "Kveldssanger". La sfuriata Black colpisce come un vento sferzante, ma i Kampfar dimostrano la loro spiccata propensione ad un Metal estremo e al tempo stesso ragionato, nel quale il controllo viene decisamente anteposto alla potenza. Tra inserti pianofortistici e cori vichinghi la track corre veloce, lasciandoci attoniti con gli ultimi, magistrali secondi, pregni di devastazione interiore.
"Troll, Dod Og Trolldom" ci introduce in una dimensione ferale; il richiamo del corno da caccia risveglia in noi istinti sopiti, mentre la nostra mente ci introduce nelle oscure caverne dimora del popolo Troll. L'Epicità fluisce tra le note di questa composizione; un affresco di disperazione e grandezza si rivela ai nostri occhi, ormai abituati all'oscurità delle terre nordiche per le quali siamo condotti dai Kampfar. Ma ecco, un raggio di pallida luce solare ci colpisce proprio quando disperavamo di ricevere conforto: la già citata "Norse" irrompe, e noi veniamo sopraffatti dalla grandezza di questa eterna danza, gioiosa e fiera celebrazione delle lande norvegesi. Ma il tramonto del fugace astro che ci ha brevemente illuminato è ormai prossimo, e la fine del viaggio si avvicina. L' apocalittica "Mork Pest" è spietata nel suo incedere, inquietante nella maestosità notturna di cui si circonda; è il triste preludio al nostro viaggio nel mondo dei morti, che compiamo grazie alla titletrack. "Fra Underverdenen" è disturbante, condotta interamente da strumenti della tradizione scandinava; riesce a straniare completamente l'ascoltatore, concludendo in degno modo questo superbo lavoro.
"Fra Underverdenen" è un album che mi sento di consigliare a chiunque, e che piacerà di certo agli amanti del Folk, del Viking e del Black Metal meno True.
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