Anno: 1990
Il merito è di Serge Santigo. Senza di lui credo non sarei mai venuto a conoscenza di questo gruppo italiano fondato nel 1980 dal tastierista Stefano Pulga e dal chitarrista Luciano Ninzatti ai quali poi si aggiungerà la voce di Glenn White.
Tutti i brani sono composti fra il 1980 e il 1983. Ma andiamo per ordine. Come brano d'apertura abbiamo (l'ormai famosissima) "It's a war". Rispetto alla versione che tutti conosciamo vi ritroviamo chitarra, nuovo riff di tastiera e voce (!!), fantastico. Segue poi "Now baby now", melodie disco e voce in falsetto aggiunte a vocoder e synth. Terzo brano: "Cosmic voyager", tutto molto bello, almeno fino a quando non comincia il coro (ovviamente in falsetto) che sa tanto di canto natalizio... andiamo avanti. "Ahjia" ottimo esmpio di disco music, fresco solare e quasi "allegro", merito dell basso funkeggiante e del vocal. "Super Extra Sexy Sign" non è un gran che... a differenza del seguente "I'm ready", molto più curato e convincente: bella la bassline e azzeccati i cambi fra melodie e fra vocoder e gli ottimi cantati.
Passiamo adesso alla seconda parte dell'album. E' bene fare questa suddivisione perché le prime sei tracce sono realizzate nei primi periodi, 1980, mentre le successive (eccezion fatta per "Holly Dolly") sono del 1983. E la differenza si nota eccome: in "I need love" troviamo atmosfere più cupe; suoni "nuovi", "futuridici", di fatti tutti gli strumenti sono sostituiti dalla controparte elettronica ed inoltre le voci in falsetto lasciano spazio alla potenta voce black di Glenn White. "Another Life" è forse uno dei brani più famosi di Kano, forte atmosfera e melodie cariche ed evocative. Con "Ikeya Seki", brano interamente strumentale, si incontrano melodie marcatamente orientaleggianti. "Queen of witches" è un brano fortemente tendente al pop che poco si sposa con le precedenti tracce, suoni e melodie troppo pacchiani. "Holly dolly", come già prima accennato, appartiene al primo periodo dei Kano. Anche qui però le melodie non sono delle più felici e il ritmo stanca facilmente, solo il giro di chitarra riesce a tirare un po' più su il pezzo. L'ultimo brano è un remix di Morris Backer che enfatizza la base ritmica del brano con una bass drum più incisiva... un lavoro a mio avviso "evitabile".
In conclusione un interessante viaggio nei suoni 80s.
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