Con questo nuovo album Kanye West tenta sicuramente di accrescere le dicerie e i rumors circa la propria stabilità psico-mentale, l'irrefrenabile egocentrismo, il frizzante anticonfomismo e le artistiche pretese di non seguire, da bravo artista-pecorella, il furore commerciale imposto dalle etichette discografiche. Partendo dal presupposto che West è probabilmente l'ancora di salvezza di un genere tuttora immerso negli stereotipi del ghetto dorato, dell'indissolubile connubio papponi/manager e sgualdrine/sculettatrici e degli pseudo Notorius B.I.G. con la dentiera indiamantata, Yeezus a primo acchito pare confermare, almeno esteticamente, il nuovo corso dell'artista: formato fisico privo di copertina, booklet e retro, promozione pressoché assente - a parte alcune proiezioni multimediali sui grattacieli della Grande Mela, nessun singolo estratto e qualsiasi informazione tenuta celata sotto un velo di voluta e consapevole ignoranza. Ci troviamo, insomma, di fronte a un progetto che rifiuta qualsiasi logica di marketing e di imposizione pubblicitaria coatta a favore di un unico intento: offrire musica e nulla più.
Come ho già voluto rimarcare, Kanye West - con tutta l'allegata megalomania della quale va ormai circondandosi - veste i panni dell'ultimo e unico artista hip hop degno di tale genere, il solo capace di sdoganare i clichés ghetto-style e di approcciarsi a tendenze art-sonore internazionali, trasversali, ricche e corpose, dal classico rap di protesta al pop maggiormente radio-friendly passando per la musica tribale, il rock nelle migliori sfumature e interpretazioni, il soul old school, l'elettronica alternative, il folk e persino il synthpop di matrice romantico-retrò (vedasi il gustoso 808s & Heartbreak). La semi genialità di quest'uomo risiede anche nell'allegare al classico curriculum sonoro-discografico una stringa di manifestazioni e creazioni che interessano l'arte in più sfaccettature e complessità. Insomma, basta citare la poliedricità del signor West, ora padre di una bambina avuta dalla conturbante Kim Kardashian, per perdonargli tutte le deviazioni psicologiche, il compulsivo egocentrismo e le tendenze deistico-mitomani.
Yeezus segue di tre anni l'ultimo lavoro solista My Beautiful Dark Twisted Fantasy, nonché la collaborazione con Jay-Z per Watch The Throne e la compilation Cruel Summer confezionata con i colleghi della G.O.O.D. Music, e rovescia ancora una volta i brevi solchi di continuità tracciati dal protagonista. Se Twisted Fantasy poteva assurgere come erede delle variopinte proposte hip-hop di Graduation, Yeezus stralcia completamente l'assetto westiano, mantenendo solamente l'ardore e la voglia di stupire e sconvolgere in modo sempre più dirompente. Racchiuso in un contenitore plastico trasparente privo di orpelli e artwork, il disco si perde in atmosfere talmente crude, orrorifiche, buie e mistiche da sembrare una sorta di sinfonia satanico-apocalittica con tanto di urla strazianti e grida disperate. Tutto questo viene reso attraverso una radicale digressione nel contesto industrial-hardcore cui West non è tuttavia alieno: nel calderone di Yeezus trovano spazio ambient, techno sperimentale, elettro-metal goticheggiante, simpatie punk-sperimentali e persino qualche motivetto euro-synth definito dalle sapienti mani robotiche dei Daft Punk, i principali levatori di Yeezus. Il debutto della prima traccia, On Sight, dominata dalle distorsioni cyber-techno del duo francese, rappresenta già un piccolo botto la cui detonazione principale è lontana ancora una manciata di brani; con I Am A God, probabilmente il nuovo Corano dell'ideologia West, la furiosa e sincopata girandola di synth annuncia una sequenza di apocalittici urli da Blockbuster dell'orrore prima di approdare a New Slaves, proposto con la compagnia dell'astro nascente della musica black Frank Ocean, pezzo techno-dark leggermente affievolito rispetto all'esordio. Tuttavia la sezione hardcore è lì a venire: Send It Up è il perfetto inno all'industrial hip hop per antonomasia, denotato da una serie di distorsioni metalliche pedisseque, Hold My Liquor prosegue egregiamente la missione hardcore iniettandola con fragranze glam-rock, I'm In It si configura come la dogana fra rap e proto-metal, mentre Guilt Trip regala sensazioni syntpop leggermente più edulcorate, con momenti vicini a 808's & Heartbreak. Chiude il tutto Bound, ovvero la perfetta antitesi del sentore industrial dominante, un piccolo pezzo boogie-Rhythm & Blues alla Motown.
Ego o non ego, pazzia o non pazzi, Kanye West rimane e rimarrà sempre l'esempio da imitare nonché il leggendario approdo finale per coloro che vogliono fare hip hop come si deve e affrancarsi dalla mondanità del ghetto. Aspettiamoci anzi che il minimalismo estetico di Yeezus venga imitato da major stanche di riempire i conti correnti di grafici e art directors. E non mancherà molto quando il messale del signor West verrà adottato come catechismo dall'orda pop.
Kanye West, Yeezus
On Sight - Black Skinhead - I Am A God - New Slaves - Hold My Liquor - I'm In It - Blood On The Leaves - Guilt Trip - Send It Up - Bound
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