Ero rimasto favorevolmente impressionato dall'album di esordio di Kapital Band 1, quel "2CD" pubblicato nel 2003 e che aveva rappresentato una delle ultime esperienze uditive interessanti nel mondo dell'elettronica ridotta ai minimi termini (nel caso specifico applicata a contesti avant rock), genere (quello micro electro glitch), che all'epoca stava attraversando, a voler essere buoni, un periodo di buio profondo e che da allora ha continuato a sopravvivere in entità sporadiche e relegando gran parte delle band fuoriuscite a cavallo tra i due millenni nel dimenticatoio, com'è giusto che sia, vista la pochezza complessiva del fenomeno.

A resistere in maniera decorosa e significativa sono stati solo i gruppi, che hanno saputo andare oltre, contaminarsi, esportare quell'esperienza in altri spazi sonori e che non si sono limitati a scavare un buco che era già arrivato in fondo e che, in definitiva, poteva solo contemplare il silenzio come forma evolutiva ultima, visto che è lì che si va a parare a forza di sottrarre. Proprio in virtù di ciò avevo apprezzato l'operato di Martin Brandlmayr dei Radian e Nicholas Bussmann nel momento in cui avevano unito le forze.

Con "Playing By Numbers" Kapital Band 1 rilasciano un disco più concettuale e figlio di un lavoro che, partendo da fonti registrate o concrete, così come da sezioni strumentali suonate da loro due (con il supporto di Erik Drescher per le linee di flauto), li ha condotti alla costruzione di tre pezzi di incastri elettroacustici, ambientali e gentilmente rumorosi, sperimentali e isolazionisti nel porsi e proporsi e sufficientemente costruttivi, però meno solidi e più dispersivi di quanto avevano dimostrato di saper fare in precedenza.

Come se si stessero spegnendo...

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