Composto tra il 1975 e il 1977, dedicato ai pionieri della Terra e dello spazio, "Sirius" è un lungo brano (96 minuti) di musica elettronica in cui Stockhausen utilizza anche quattro fonti sonore tradizionali: una voce di basso, una di soprano, clarinetto basso e tromba. A queste sono associati dei simboli: i punti cardinali, i segni dello zodiaco, le stagioni, le ore del giorno, e molto altro ancora. Così per esempio, il basso personifica il nord, il Capricorno, l'inverno, la notte; la soprano incarna il sud, il Cancro, l'estate e il giorno; la tromba rappresenta l'est, l'Ariete, la primavera, il mattino; e il clarinetto basso l'ovest, la Bilancia, l'autunno e la sera.

Questa struttura è chiarita dal basso che nella prima delle tre parti di cui si compone il pezzo (la "Presentazione") scandisce, in inglese, il ruolo di ciascuno. Segue la parte centrale, la "Ruota", suddivisa in quattro episodi (Aries, Libra, Cancer, Capricorn) in cui di volta in volta è protagonista una voce o uno strumento (e da cui, in una rappresentazione dal vivo, può iniziare la musica, che ruota secondo la stagione in cui si svolge la performance). Infine la parte finale, l'"Annunciazione", con il commiato dei quattro messaggeri venuti da Sirio, la stella più luminosa visibile dalla Terra, la stella da cui Stockhausen sosteneva di provenire e alla quale, diceva, avrebbe fatto ritorno.

Nonostante le premesse affascinanti e la grande complessità del pezzo, "Sirius" non mi entusiasma. Ha una forte componente teatrale, specie nelle parti recitate in cui basso e soprano si stuzzicano, ma resta indeciso se privilegiare l'interazione scenica tra i quattro personaggi o la dimensione del suono, come sempre curata con maniacale raffinatezza.

La musica elettronica resta sullo sfondo. È realizzata con un sintetizzatore analogico (un EMS Synthi 100) usato come generatore di suoni, ma alla fine questi vengono registrati su nastro magnetico in maniera tradizionale; e le sonorità sono stridule, meno affascinanti che in passato. Anche la tromba, quasi sempre con sordina, ha un timbro metallico e nei momenti più densi, quelli in cui risuonano sia l'elettronica sia i quattro esecutori, l'ascoltatore si trova di fronte a un groviglio sonoro davvero difficile da districare.

Per Stockhausen tutto questo era indice dell'alto livello, musicale e spirituale, di questo lavoro: parlava di melodie eseguite a diversi gradi di velocità, di melodie condensate e compresse e poi lasciate dilatare, oppure, come nel caso della Bilancia, composte di soli intervalli derivati dagli armonici superiori. Cioè: una consapevolezza estrema del fatto sonoro e la capacità di plasmarlo secondo volontà (fino a far bruciare i nastri, come accadde durante la lavorazione).

Non c'è da spaventarsi, comunque: alcune di queste melodie sono molto caratterizzate e cantabili, e l'ascoltatore le troverà ripetute più volte nel corso dell'opera. Ma nel complesso "Sirius", al di là di qualche trovata "spettacolare", ha pochi colpi d'ala o momenti di autentica emozione. Merita un ascolto attento, ma il suo difetto principale è quello di voler essere un ciclo teatrale in miniatura senza riuscire a liberarsi dal suo ruolo di macro-composizione da camera.

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