Inglesi. Antipatici. Arroganti. Eccessivamente sicuri di sè.
Chi è stanco di atteggiamenti spacconi da parte di bands provenienti dalla nebbiosa isola d'oltremanica, storcerà il naso di fronte ad un nome come quello dei Kasabian, quattro allegri ragazzotti che trovarono un buon successo con l'album d'esordio, tanto da finire in heavy rotation anche nel Belpaese con la cazzuta "L.S.F. (Lost Souls Forever)", (addirittura!) colonna sonora di un noto spot televisivo.
Poi i problemi: l'abbandono di Karloff, buon chitarrista e co-compositore, e critica e pubblico pronti a distruggerli con l'avvento del secondo, fatidico, disco. I rischi dell'album numero due, si sa, sono enormi ("Ehi, ti piacciono i Darkness?" - "Darkness… chi?"), ma i bimbi sono sfrontati e lo battezzano "Empire" (Impero), scegliendo come apripista la title-track (intro minacciosa e "robotica", voce di Meighan pericolosamente vicina a gorgheggi di Gallagheriana -versante Liam- memoria e ritornello da marcetta militare, con annesso video ambientato nelle guerre Napoleoniche), tutto tranne che un singoletto radio-friendly. E il resto? Saltano al padiglione auricolare "Shoot The Runner", piuttosto paracula, per eventualmente contrastare un flop del primo estratto, e "Stuntman", incursione in territori danzerecci che non ti aspetti.
Poi "Me Plus One" e "Sun Rise Night Flies" che scorrono via come l'acqua fresca (la prima più acustica, la seconda più aggressiva), e pezzi molto più sorprendenti come la stessa "Stuntman", "British Legion" (pezzo che ha qualcosa delle sonorità proposte dal più recente Paul McCartney) e la conclusiva "The Doberman", intro ordinaria ma finale che va a pescare addirittura nel tex-mex. Menzione particolare la merita "Apnoea", sì dance, ma stavolta sorta di revival della vecchia "Setting Sun" dei Fratelli Chimici feat. Noelino Gallagher: Tom ha però maggior elasticità vocale, e dà una interpretazione migliore del pezzo, che finisce per essere uno dei migliori del lavoro.
Se volevano sorprendere, ci sono (in gran parte) riusciti; se volevano un capolavoro, niente da fare. Resta il fatto che, in quanto ad originalità, il piattissimo panorama musicale Albionico deve qualcosa a questi quattro ragazzi.
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