Una volta un mio amico che non ascolta Metal mi chiese "Fino a che punto questi gruppi riescono ad essere cupi? A non lasciare alcuno spazio alla speranza nella loro musica?". In risposta gli feci ascoltare due dischi, uno era "Brave Murder Day".

Solitamente non amo le recensioni teatrali in cui si lasciano spazio a termini e paroloni troppo ridondanti ma mi vedo costretto a fare una eccezione in questo caso.

Descrivere il masterpiece dei Katatonia, datato ormai 1996 senza esagerare è del tutto impossibile.
Se accettate la non facile sfida di ascoltare questo disco vi troverete di fronte a qualcosa di assolutamente unico in tutto il panorama musicale, Doom Metal compreso. Ogni singola nota di questo monumento è la piccola parte di una spirale ipnotica e desolante. La batteria ha un suono minimale, le chitarre sembrano essere state prodotte nell'oltretomba. "Brave Murder Day" con le sue improvvise sferzate, con i suoi silenzi e la sua atmosfera indescrivibile è come un vortice nero che inghiotte, ammalia e sconvolge.

La prima canzone "Brave" si apre con un tetro feedback di chitarra per esplodere dopo qualche secondo in un riff che cattura immediatamente nel suo groove malinconico e disperato. 10 minuti di autentico viaggio nel buio, questo è "Brave". Indimenticabile lo stacco centrale dove con una serie di brevi assoli e arpeggi che nascono dal più profondo silenzio la rabbia espressa dal devastante growl di Mikael Akerfeldt (in prestito dagli Opeth) fa spazio alla disperazione totale (Brave try the meaning of loss / I know your smile / is deadly at this point / Wherever you are / I am not) per poi riesplodere nel finale in un cerchio indimenticabile. Non è da meno "Murder" nel saper alternare riff di facile presa a passaggi lentissimi e sfibranti. C'è spazio anche per la desolazione: "Day" la terza traccia è come una nenia. Non vi è un solo tremito, non un inspessimento del suond, su tutto aleggia l'etrea voce di Jonas Renske che canta di malinconia, di desolazione, di inutili attese prigioniere della monotonia (Let's stay here for a while / Is something's gonna happen today?).

"Rainroom" è uno specchio che riflette la messa in musica della disperazione totale. Ancora una volta le linee di chitarra che sostegono il brano sono tremendamente coinvolgenti nella loro semplicità e il brano colpisce nel profondo già al primo ascolto, grazie alla grande interpretazione di Akerfeldt (When you said life can't what you want / and I really want everything). Poi ancora una volta la calma ipnotica e la stasi totale nel centro del brano per poi lasciare di nuovo il campo solo alla rabbia. Da qui in poi si inzia veramente a capire che non ci sarà nemmeno uno spiraglio di luce, che siamo in una discesa verso l'abisso. E così sarà. La quinta traccia si intitola "12". Un solo numero come titolo di un brano meraviglioso, che punta sull'ossessività delle linee di chitarra (filo conduttore di tutti i brani), sul senso generale di desolazione, di calma dopo il disastro passato e che rappresenta una gemma nella carriera deigli svedesi. L'epitaffio è affidato a "Endtime" che con gli arpeggi colmi di tristezza e il growl rassegnato di Akerfeldt si configura come il miglior modo con cui porre termine a quest'opera fra parole di dolore (Now fall into a vacant sphere / Pierced by the darkness / They called it death / And surrounded me with sleep) e visioni oniriche.

A distanza di 10 anni "Brave Murder Day" resta l'opera più bella e rappresentativa delle potenzialità dei Katatonia. Un prodotto che vale 100 volte tutti i dischi che la band ha pubblicato in seguito e che non ha eguali neanche nel campo Doom/Death/Black. Se infatti non si può considerare il disco più bello che gli epigoni del Doom moderno abbiano prodotto (l'estrema ossessività dei riff alla lunga può stancare e certe strutture interne ai brani vengono a volte autocitate) si guadagna sicuramente il premio del più buio.

Nessun disco in questo genere riesce a ricreare l'oscurità nel senso fisico del termine e l'angoscia della desolazione meglio di "Brave Murder Day", a non lasciar filtrare neanche un barlume di speranza. L'unico che forse gli si può comparare è "Turn Loose The Swans" dei My Dying Bride. Ma l'atmosfera, la primordiale disperazione di questo monumento nero non può essere paragonata, nè resa a parole. Può essere solo sperimentata.

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