I Katatonia non fanno black metal, tantomeno sono norvegesi.

Ora che potete tutti leggere questa recensione con tranquillità mi accingo anch'io col cuore in pace a parlare di quello che resta l'inarrivabile punto di partenza e di arrivo per il doom/death, genere in cui forse gli unici capaci di contrastare questo gran disco sono gli Anathema con il loro The Silent Enigma.

Riff monolitici, lenti, pesantissimi ma dotati di una melodia stupenda, note che lacerano la vostra anima e sequenze di accordi che vi capiterà di aspettare per tutta la canzone, intuendone l'arrivo da qualche segnale: un riff buttato qua e uno stacco di batteria là, ma che giunta la loro ora esplodono come se dentro di voi qualcosa finalmente si liberasse, e scivolasse via, insieme con la musica.
Viene dunque da chiedersi l'alchimia attraverso la quale questi svedesi riescono a mantenere quasi in uno stato di catalessi (di catatonia... ohoh) l'ascoltatore, quasi sotto l'effetto di una droga verrebbe da dire... la prima volta che ho ascoltato i 10 minuti di "Brave" sono rimasto per buona metà della canzone con gli occhi fissi sullo schermo del computer, immobile... incantato.

Stupendo il riff in tapping con un giro di accordi lentissimo, che sembra quasi trascinarsi stancamente, malinconicamente con un feeling di melodie stupendo, qualcosa che si ripete continuamente durante tutto l'album, dal "mi" si passa al "do" poi al "si", da brividi... questi ragazzi sono dei geni nel far confluire in una canzone la maggior quantità di emozioni possibile... ovviamente tutte tendenti al malinconico e all’ultra-depresso.

Dopo esserci fatti cullare da "Murder" si arriva alla terza traccia, "Day" (da notare che le prime tre tracce si chiamano Brave, Murder e Day) forse uno degli episodi meglio riusciti, lontana anni luce dalle ballads che i Katatonia di oggi ci propinano, un lento stupendo, con batteria elettronica... e la voce pulita dell'ospite Mikael Akerfeldt (Opeth): qualcosa di unico.
"Rainroom" purtroppo non riesce ad emozionare come le altre tracce e molto probabilmente costituisce il punto debole dell’album. Peccato. Peccato perché dopo c'è una piccola gemma: 12. Le sovrapposizioni delle due chitarre lungo tutta la traccia sono qualcosa di magnifico, riescono nel difficile intento di toccare qualcosa dentro la vostra anima, lasciandovi senza fiato.

Perché questo cd è bello? Perché dopo che avrete potuto toccare con mano la malinconia e la rassegnazione trasposta in musica non potrete fare a meno di sospirare... e un cd che fa sospirare ha di sicuro qualcosa in più degli altri.


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