Per fortuna che ci sono i Katatonia!

Dopo quasi tre anni di attesa e due di 'amalgama' con i nuovi componenti che hanno sostituito i fratelli Norrman, presenti in formazione uno da 10 anni e l'altro da ben 15, eccoli di nuovo. L'amalgama è riuscita. I nostri hanno pubblicato un album che per mio conto è almeno una spanna sopra al precedente, il quale era, diciamolo, sempre per mio conto, inferiore al suo predecessore 'The great cold distance'.
Nel complesso continua la fase che sta a metà tra il metal prog ed il gothic. Basti pensare che i 5 svedesi in questo settembre 2012 saranno negli States per un tour assieme e come co-headliners con i Paradise Lost. Anche loro progenitori del genere goth-doom ed anche loro rinnovatori nel tempo del loro stile e sound. Entrambi con più o meno rinscontri positivi, questo è totalmente soggettivo.

Ma veniamo al lavoro degli svedesi, che si apre con una traccia il cui titolo "The Parting" dice tutto sul mood che trasuderà l'intero supporto magnetico. Niente di più e niente di meno della decadenza da sempre riversata nelle loro composizioni. Già da questo primo capitolo troviamo un Renkse molto più 'presente'. Questo cantante lo sento crescere vocalmente di album in album. Non è un caso che in questo "Dead end kings", non sia la sezione ritmica a farla da padrone (come era per buona parte in 'The great cold distance') ma sia assolutamente la sua linea vocale in primo piano.
"The One You Are Looking For Is Not Here" è la seconda traccia e probabilmente quella in cui è stata cercata volutamente una certa orecchiabilità. Anche per raggiungere tale scopo vi partecipa Silje Wergeland dei The Gathering, che purtroppo, non mi piace nei The Gathering e altrettanto qui. Forse l'unico calo di stile che si possa trovare in questo album. Brano carino ma troppo 'melodico per forza'.

Il capitolo dopo, "Hypnone", per fortuna è tutt'altra cosa e rientra nel Kata-style più genuino, con strumentazioni più incisive e pesanti che cedono il passo ad aperture melodiche ben riuscite e mai banali, per poi ritornare ancora a riff taglienti.
"The Racing Heart" fa veramente male, è forse il pezzo più d'impatto a livello emotivo, una vera perla. Mi ricorda vagamente la loro stupenda b-side 'Sold Heart' ideata testo e musica da Jonas Renkse. In questo pezzo vengono proposte linee melodiche su una base elettronica, con un finale geniale e per niente scontato.
"Buildings" è la tempesta dopo la calma, mi sentirei di affidarle il ruolo di nuova "Leaders". Per come è strutturata me la ricorda vagamente, con riff poderosi che lasciano spazio a vuoti di malinconica assenza.
Di seguito "Leech" non delude e tiene alto il ritmo dell'album dandovi prospettiva in crescendo, con belle chitarre che si sposano in modo eccezionale col cantato, ma è la successiva "Ambitions" a svelarci di cosa siano davvero capaci questi ragazzotti un po' cresciuti. Un capolavoro sotto tutti i punti di vista, forse la migliore dell'album come songwriting.

'Undo You' è un deserto di desolazione e se la gioca benissimo come canzone più lenta e triste degli ultimi album.
Eccoci, ci siamo arrivati: il trittico finale "Lethean", "First Prayer" e "Dead Letters". Non stupitevi se vi troverete a sottoporre il lettore a ripetizioni continue. io stesso non so dire quale di questi tre capitoli sia meglio.
"Lethean" è destinata a diventare un classico dei Katatonia e sforna un groove azzeccatissimo, con un assolo ficcante, e tutto quello che ci sia aspetta dai maestri della decadenza. "First Prayer" contiene i 2 minuti (quelli finali) migliori di tutto l'album, dove un lento arpeggio incontra la batteria di Daniel Liljekvist sempre ineccepibile e di seguito il basso onnipresente di Niklas Sandin, per chiudere con un'apertura a riffoni di quelli che fanno vibrare e dire 'vaffanculo a tutto! La finale "Dead Letters" è invece un compresso metal-prog di chiara matrice tooliana dalle ritmiche complesse ed intense.

Per alcuni non è finita: la versione limited book con DVD al seguito contiene una bonus-track acustica chiamata "The act of darkening" dalle caratteristiche che esulano un po' dal loro stile classico, staccando dalle 11 tracce precedenti vestendosi di un refrain corale fatto ad-hoc che mi ricorda vagamente qualcosa dei Porcupine Tree, per chiudere un lavoro da voto 4,5 che per me e per la matematica si arrotonda per eccesso.

Un album che in definitiva è leggermente più alternative-prog dei precedenti, ma che mantiene le linee metal essenziali che hanno contraddistinto i nostri da inizio millennio ad oggi.

Stavo dicendo? ... Ah, sì... dopo un album sottotono (tranne che per qualche spunto) degli Opeth e la delusione completa degli Storm Corrosion, per fortuna che ci sono i Katatonia!

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