"Made Of Bricks", disco di debutto del 2007 di Kate Nash sembrava il diario segreto di una brava ragazza londinese. Un posto in cui sfogare ire, manie, pene di cuore e chi più ne ha più ne metta.
C'era di tutto dentro: parolacce, amore, avventure e tanto altro, ma sempre accompagnate da una freschezza unica, una genuinità molto rara nell'industria discografica contemporanea, che aveva reso la Nash, agli occhi di critica e pubblico, una perla rarissima, una vera rivelazione. E il disco era un vero diamante.
Eppure la Caparezziana legge secondo la quale "il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista" non ha fatto eccezione per la neo stellina dell'indie-pop, e due anni interi di lavorazione al disco non sono bastati a regalarci un capitolo altrettanto memorabile.
L'album è un calderone, in cui, a mo' di sfogo schizofrenico, la ventitrenne butta dentro tutto ciò che le piace e prova, non sempre con risultati positivi, a riproporre il tutto nella sua salsa personale.
Se in "I Just Love You More" pare di ascoltare una cover di Courtney Love, e "Take Me To A Higher Plane" potrebbe essere il risultato se unissimo in un brano i Gogol Bordello ed i Vampire Weekend, "Mansion Song" sembra una registrazione di pensieri e cori ad una manifestazione femminista del XXI secolo, "Do-Wha-Doo" (memorabile primo singolo estratto) sembra uscito da un disco delle Pipettes e "Pickpocket" è pura citazione 'ReginaSpektoriana'.
Purtroppo gran parte del disco sembra fatto di brani tirati fuori dal congelatore e scaldati nel fornellino a microonde, si perde l'originalità dell'album precedente, non c'è una traccia che potrebbe raggiungere i picchi di capolavori del brit-pop come "Foundations" e "Skeleton Song", anzi, brani come "Kiss That Grrrl", "Early Christmas Present" e "Later On" suonano colpevolmente come scarti di "Made Of Bricks".
Fortunatamente risollevano la situazione "Don't You Want To Share The Guilt" con il suo simpatico strimpellamento di ukulele in apertura, la già citata "Do-Wha-Doo", formidabile sfogo di gelosia in chiave rockabilly, e le tre tracce acustiche di chiusura, in cui Kate Nash mostra il suo lato più calmo e moderato, che sia ai tasti di un pianoforte, "Pickpocket", o con in mano una chitarra, "You Were So Far Away", vicinissima alla "Anyone Else But You" del film "Juno", e una nuova versione in studio di "I Hate Seagulls", senz'altro miglior brano dell'intero disco, la cui demo era già apparsa su YouTube circa un anno prima dell'uscita del disco sollevando un coro di approvazione da parte dei fans.
Un disco, dunque, deludente se comparato con il debutto, ma buono nel suo piccolo.
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