Wynton Marsalis, diciamocelo, è un genialoide della tromba. Tacciato di ultraconservatorismo, ancorato a sonorità talora anni cinquanta, odiosamato dal popolo jazz, virtuoso dalla tecnica funambolica, Wynton puoi adorarlo o rifiutarlo, ma raramente ti lascia indifferente. A maggior ragione poi se il nostro, con le radici che affondano in pieno nelle sonorità "Jungle Sound", decide bello bello di accostarsi ai mostri sacri della musica barocca. Inevitabile che i "puristi", gli "amanti della filologia" o quelli degli "strumenti originali" storcano un po' il naso.
Io credo invece che il "Baroque Duet", dove il suono limpido e potente di Wynton duetta per circa un'ora con la voce eterea del soprano Kathleen Battle, sia solo una cosa: vivida emozione. Uno di quei dischi che ti portano a ricrederti sui preconcetti di un settecento polveroso e lontano. Sonorità che ti proiettano invece in un mondo fastoso e festoso, sgargiante, un mondo che ti soggioga con l'imponenza e la grandezza della sua bellezza monumentale.

E basta poco ad accorgersene. Il disco si apre con l'aria "Let The Bright Seraphim" di Händel, resa dai nostri in maniera sconvolgentemente nuova ed intrigante. La voce del soprano rotola agile e gioiosa su capriole di note, mentre Wynton richiama da lontano fasti di cori celesti, ora aggiungendo un trillo, ora inerpicandosi in una coloritura, in una sorta di sinuosa ed eccitante infedeltà alla partitura che raggiunge il suo culmine nella ripresa "a capo" del brano. Passando attraverso la trasparenza musicale di Alessandro Scarlatti, l'aria "Pace una volta e calma", del pressoché sconosciuto compositore italiano Antonio Predieri, diventa una battaglia di virtuosismo fra la cantante e il trombettista. Fra refoli di semicrome, suoni squillanti e precisi ma lievi come zefiri, gli ottimi archi della "St. Luke's Orchestra" di supporto, ci troviamo davvero catapultati in un gigantesco affresco musicale "trompe l'oil" trionfante di putti e amorini.

Ma la vera grandezza del disco si scopre nel suo celestiale finale. Superlativa, davvero superlativa, l'interpretazione di due momenti della cantata BWV 51 "Jauchzet Gott In Allen Landen" di Johann Sebastian Bach. L'aria con cui la cantata si apre è un trionfo di perfezione vocale per Kathleen, mentre il suono della tromba di Wynton diviene incredibilmente denso, ricco, glorioso e iridescente. Un clima barocco festoso e trascinante, che vede il suo culmine nell'"Alleluja" con cui si chiude il corale "Sei Lob Und Preis Mit Ehren". Qui davvero i nostri due interpreti raggiungono altezze vertiginose, non solo nel virtuosismo, ma soprattutto nell'emozione.

Karl Richter o Ton Koopman sono l'interpretazione "spirituale" di Bach. Wynton e Kathleen di questa grande spiritualità ne hanno qui fatta carne viva e vibrante. Da avere e da amare.

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