“The Hurt Locker” era stata una poco nobile operazione per commuovere il pubblico americano che ha la lacrima facile per chi “serve il nostro amato Paese”. Un ridicolo (ma prevedibile) Oscar per un’insignificante (anche se molto avvincente) celebrazione dei soldati americani. Un film inutile e romanzato ma che, in fin dei conti, poteva starci. I soldati combattono e basta; non hanno la colpa del governo che li manda a combattere.

Ma l’ipocrisia sale presto a galla. E “Zero Dark Thirty” getta sguaiatamente la maschera, nonostante i dubbi sulla tortura (mediocre specchietto per le allodole).

Diamo al pubblico quello che vuole: questo è il concept. E allora accarezziamo ed esaltiamo la rabbia nazionalista degli Yankees. E il nazionalismo stelle e strisce, come noto, non va molto per il sottile: chi fa male all’America deve crepare senza pietà. Dio benedica l’America e maledica il resto del mondo.

Che grande amore patrio affermare che in quella casa c’è sicuramente Bin Laden. Senza una prova. Ma gli Americani, in questo, sono dei gran maestri. Con i complimenti del direttore della CIA. I malati di mente ci governano – ci insegnò Kubrick in “Stranamore”: profetico il genio visionario.

Che eroi nazisti i Navy Seals che uccidono senza pietà, davanti a quei bambini ai quali è stata tolta l’innocenza per sempre. I malvagi terroristi puniti con un atto non terroristico ma altrettanto malvagio.

Grazie Kathrin, per averci fatto capire che la vendetta è morale. A quando la prossima illuminazione?

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