2010, a soli due anni di distanza dal deludente "Blue Lambency Downward" i Kayo Dot tornano con "Coyote", ancora per la Hydra Head di Aaron Turner, riscattandosi in pieno.
Cosa c'è di nuovo? Massiccio alleggerimento delle distorsioni (tranne nella breve suite "Abyss Hinge 1: Sleeping Birds Sighing in Roscolux") e introduzione del ritmo, un suono più delicato ma sostenuto da tempi dispari che richiamano fortemente i King Crimson anni '70 per i suoni e anni '80 per i tempi. La sezione ritmica raggiunge il primo livello a differenza dei vecchi lavori d'avanguardia dove le parti ritmiche erano molto più "sparse" nel tempo, e in alcuni momenti lascia trasparire anche una violenza e un cinismo che riportano ai Tool. Ma c'è qualcosa in più, qualcosa che nei KC e nei Tool manca, come nei precedenti lavori c'è l'elemento "post rock" che accompagna tutta la storia, rendendola più misteriosa e affascinante, e trasformando il grigio che emerge in celeste.
Il brano più imponente del disco è sicuramente "Whisper Ineffable", che per psicopatia non ha nulla da invidiare ai Boris di "Amplifier Worship". Sembra la creazione di un musicista da conservatorio chiuso per una settimana in una cella d'isolamento con addosso la camicia di forza ed ovviamente senza ombra di luce. Sé in "Black One" dei Sunn O))) Malefic ha voluto registrare da chiuso dentro una bara, qui certe sensazioni (a livello vocale) sono molto più plausibili e soprattutto a voce limpida, senza mettere in atto ridicole pagliacciate e senza imitare i versi di un volpino a cui è andato un pezzo di carne di traverso.
Meno imponente ma di uguale spessore artistico è l'altra perla di "Coyote", "Abyss Hinge 2: The Shrinking Armature", un groviglio di corni violini e xilofoni ad intrecciarsi sulla base deformata di basso e batteria che ci riporta direttamente ai Gong, sostituendo l'elemento "freak" con l'elemento "dark".
In sostanza, i Kayo Dot cambiano il modo di esprimersi ma non quello di essere. Formidabili ricercatori musicali.
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