Mi sembra doveroso inserire questa recensione positiva, per contrapposizione a quella già inserita che non fa spuntare che "una risicata sufficienza" al disco in questione, in modo che si possa decidere meglio da che parte stare.
I Keane sono stati catalogati immediatamente come emuli dei Coldplay, anche se in patria non hanno propriamente riscosso gli stessi consensi e sicuramente di meno che all'estero. Forse questo è dovuto al fatto che di gruppi sulla lunga scia di Chris Martin e soci ne sono spuntati ad ogni angolo negli ultimi 4-5 anni, ma anche perchè il sig. Tom Chaplin può anche provare ad atteggiarsi al ruolo di frontman che gli compete, ma con il suo volto da adolescente che è riuscito a sgattaiolare in un pub eludendo la sorveglianza e ad inforcare il primo bicchiere di birra che gli è passato sotto il naso, difficilmente farà capitolare la Gwyneth Paltrow del momento.
Sta di fatto però che i Keane sono un gran bel gruppo che ha piazzato un disco di esordio tra i migliori degli ultimi anni, con tutti i brani al posto giusto, che ti restano appiccicati addosso come la pece (in questo direi che siamo pari con i Coldplay), creandosi un loro preciso tratto distintivo, a differenza dei numerosi altri pop group di cui si diceva che si assomigliano sempre un po' troppo (Snow Patrol, Embrace, Hope Of The States...).
Arriviamo così a "Under The Iron Sea", il maledetto secondo album dove non devi cercare di discostarti troppo da quanto hai seminato con il primo, ma neanche proporre dei pezzi fotocopia che ti facciano etichettare come uno che cerca di riproporre sempre ciò che gli è riuscito bene
una volta: beh, i Coldplay sono stati fantastici con il loro "A Rush Of Blood To The Head", ma ritengo che i Keane non siano stati da meno, avendo anche il vantaggio di aver potuto sperimentare l'inserimento della chitarra (o almeno qualche cosa che suona maledettamente vicino alla chitarra) creando quello scostamento dal sound del primo album che porta ad avere un pizzico di grinta in più.
I brani di questo album contengono tutti gli elementi che hanno contraddistinto il loro esordio, ovvero il pop-rock più orecchiabile ("Is It Any Wonder?", "Crystal Ball") ma anche quella sensazione di dissonanza elettronica che avvicina il suono all'area Radiohead ("Atlantic", "Try
Again", la parte finale di "Put It Behind You").
Ci sono anche brani che vanno digeriti poco a poco ("Nothing In My Way", "A Bad Dream", "Try Again", "Broken Toy"), ma che hanno le carte in regola per far entrare i Keane nell'olimpo in cui ora stanno i "soliti" Coldplay, con i quali mi piace continuare a fare il confronto e per i quali all'uscita di "Rush" ebbi la stessa sensazione che non sarebbero riusciti ad entrarmi nel cuore come con il primo disco, ma a poco a poco i brani di quell'album hanno continuato a scavare per arrivare al nocciolo e spero proprio che i Keane riescano nello stesso intento.
Ora i Coldplay sono nella condizione di non poter trattare troppo temi di umiltà, miserie e disgrazie dall'alto dei loro miliardi e in effetti la stanchezza si è vista nel loro ultimo disco. Staremo a vedere che cosa succederà ai Keane in quell'occasione, nel frattempo possiamo continuare a sentire la sensazione di una "Rush of blood to the head under the iron sea".
P. S.: Tom Chaplin non ha lo stesso phisique du role di Chris Martin, ma in quanto a presenza scenica non è certo l'ultimo arrivato: guardatevi come incita la folla e come regge il palco durante la loro performance al Live 8.
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