Un piano, anzi uno Steinway, un contrabbasso, una batteria e una stufa... per riscaldare un artista geniale, certo, ma pieno di vizi, vezzi e manie.

La sera dell'11 luglio anche io ero presente all'Arena Santa Giuliana e, prima del concerto, fremevo perchè ero cosciente che, di lì a poco, avrei avuto di fronte uno dei migliori jazzisti contemporanei. Ma, dopo quella sua invettiva inutile, sgarbata, rivolta contro la platea per via dei soliti flash e buttata lì all'inizio del concerto, tutta quella sensazione di gioia, di emozione è, di colpo, sparita.Innanzitutto il concerto non è stato per niente perfetto. Nei primi due pezzi, Jarrett non riusciva ad inserirsi tra contrabbasso e batteria, andava spesso e volentieri fuori tempo suonando, tra l'altro, svogliatamente. Dopodiché, riesciva a sostenere, controvoglia, un concerto non particolarmente emozionante in cui le note scorrevano sul piano senza spessore, nude, e le musiche venivano eseguite così come un allievo di otto/nove anni esegue, dinanzi al suo maestro, il compitino che gli era stato assegnato per casa.

Keith Jarrett a Perugia è stato questo. Un mero esecutore di musiche, un pianista che ha suonato su commissione, un mestierante del jazz che non è andato oltre il suo compito. Gary Peacock e Jack De Johnette hanno ancora classe da vendere mentre Keith Jarrett "il tiranno", nonostante cerchi di nascondersi dietro le sue manie, è stanco e infantile, non solo nel suo modo di comportarsi ma anche nel suonare il piano (a dispetto della sua tecnica sopraffina). Jarrett è come quei killer che uccidono su commissione, fa il suo sporco lavoro e va via, senza fare nemmeno troppi complimenti (e usando qualche "fucking off" di troppo). Noi vogliamo rispettare le sue manie, il suo egocentrismo, la sua presunzione ma vogliamo anche che rispetti il pubblico pagante, cosa che, purtroppo, non fa quasi mai.

Su Keith Jarrett, ormai, è stato scritto tutto e niente, ha fatto emozionare e continueremo ad emozionarci ascoltando il "Paris Concert" o gli standard eseguiti col Trio ma deve pur capire che la sua carriera è finita. Dopo lo s-concerto di Perugia, il mito di Jarrett è crollato (almeno per me). Credetemi, vedere un grande artista in uno stato di decomposizione non è piacevole soprattutto se davanti si ha un musicista di spessore come lui. La sera dell'11 luglio, all'Arena di Perugia, quasi mi veniva da piangere, per la tristezza che quella musica soffusa mi trasmetteva. Mi veniva da piangere, quasi come se fossi stato al funerale di un mio carissimo parente. Un ragazzo che stava seduto accanto a me (Dio lo abbia in gloria) ha avuto il coraggio di andarsene, estenuato, dopo il secondo pezzo (sbagliato in maniera clamorosa), un altro ripetutamente diceva "Che schifo di concerto". Come costoro, tanti altri, all'uscita del concerto, hanno percepito la stessa triste sensazione rimanendo con l'amaro in bocca come quando si perde l'occasione della propria vita.

Chissà se Jarrett ha capito di aver fallito come uomo e artista ma, a questo punto, a me non importa sapere più niente. Sicuramente ci saranno tanti "fan" che continueranno a seguire comunque il loro maestro nei suoi tour e a fare di lui un idolo... Jarrett, ormai, vive la sua musica come un business fruttuoso, guadagna tantissimo e si può permettere, dall'alto della sua arroganza, anche di offendere (sia verbalmente che suonando) un pubblico rispettabile. E l'unica vendetta che il pubblico può mettere in atto è quella di non essere più presente ai suoi concerti.

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