Radiance, nuovo lavoro per piano solo di Jarrett, é la testimonianza di due concerti tenutisi a Tokyo e Osaka, durante il tour giapponese del 2003. Pubblicato nel 2005, l'album non si presta molto a delle considerazioni di tipo emozionale e lo si intuisce già dal retro di copertina, dove ad indicare la sequenza dei brani non vi sono i titoli, ma dei numeri in progressione (per altro inesatti).

Un po' in contro tendenza con i lavori precedenti, sempre per piano solo, in particolare "Vienna Concert", "Paris Concert" e "La Scala", qui assistiamo ad un inversione di marcia nelle composizioni (se pur improvvisate), non più delle suite di lunghissima durata con una pronunciata ricerca melodica, ma al contrario ci troviamo con brani di breve durata, alcuni addirittura solo degli intermezzi. L'intero album si articola su due CD, dove vi é un lavoro di destrutturazione, sprattutto nel primo CD, infatti si può ascoltare nel brano d'apertura una ricerca pianistica spinta più verso l'atonalità e poi nel secondo brano un fraseggio al limite del contrappunto di chiara influenza classica. Certo ci possiamo trovare anche dei momenti di riflessione musicale non indifferenti come il brano 3 o le suggestive e melodiche "Radiance n° 7 e 8". Il secondo volume, a dire il vero l'ho trovato un po' meno rigido nell'esecuzione rispetto al primo, il brano d'apertura é piuttosto grave e le scelte delle note più volte insistite portano ad una drammaticità del brano non indifferente, l'album comunque é molto eterogeneo, ma vanno ugualmente segnalate per la bellezza e l'intensità le tracce (bruttissimo termine lo so) 6 e 7, che chiudono l'intero lavoro.

In definitiva giudicare brano per brano "Radiance", non penso sia la cosa migliore da fare, ma andrebbe apprezzato nella sua intierezza, un album non immediato e tanto meno di facile ascolto, ma ugualmente di valore, quel valore che solo Jarrett sa dare a ogni nota che esce fuori da un tasto di pianoforte da lui premuto. L'unico appunto che mi sento di fare ad un ottimo album come questo, é di non possedere quella magia che ho respirato ascoltando "La Scala" o ancora di più "Paris Concert", magia che permea l'esecuzione donandogli un calore e un anima che quì manca, ma penso che Jarrett, tenendo conto del pensiero gourdgeffiano da lui perseguito, abbia messo in preventivo anche questo, in una sua ricerca spirituale di vita che esterna anche musicalmente, ma questa é tutta un'altra storia.

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