La prima pubblicazione di questo romanzo di Keith Roberts, autore britannico nato nel 1935 e scomparso nel 2000, risale addirittura al 1966. Eppure considerandone lo stile e la profondità delle tematiche trattate, lo si potrebbe considerare se non come un’opera più recente, invece come un romanzo che non ha tempo. Proprio come le ambientazioni della storia stessa in effetti, perdute in una epoca letteralmente senza tempo.
‘Kiteworld’ è un pianeta in cui la razza umana, sopravvissuta a un terribile olocausto, si è faticosamente riorganizzata in un sistema a caste e condizionato da rigidi culti e credenze religiose cariche di superstizioni. Il pianeta molto probabilmente è la Terra, ma l’autore non lo dice e comunque questo è irrilevante ai fini del contenuto della storia raccontata nel romanzo. Così come la religione è probabilmente in qualche maniera ispirata alla religione cattolica (ma potrebbe essere ispirata a una qualsiasi delle confessioni religiose derivate dall’ebraismo in effetti) e la struttura della società nel suo complesso è molto simile a quella medievale. Anche se ci sono chiaramente quelle che sono le tracce del mondo prima della fine del mondo come ad esempio la presenza di automobili.
In una realtà decadente e descritta con grande abilità da Roberts, seguiamo le vicende di giovani personaggi che per una ragione o un’altra scelgono di intraprendere la carriera militare e diventare aviatori. Questo spiega grossomodo il sottotitolo nella versione italiana e che poi sarebbe ‘Il mondo degli aquiloni’, un romanzo che in Italia Urania credo abbia proposto la prima volta negli anni ottanta e poi ripubblicato altre volte negli anni fini ad oggi.
Il sistema di volo avviene su dei perfezionatissimi alianti, che sono in verità degli aerei ecologici e il cui funzionamento viene descritto con un grande esercizio di tecnicismo e il dettaglio di ogni singola fase dei processi necessari da parte dell’autore, che proprio attorno ai cosiddetti ‘Cody’ ha voluto concentrare le storie dei diversi personaggi, che si intrecciano e rincorrono tra di loro fino alla fine del romanzo.
A cosa servono i Cody? Questi infatti non sono specificamente dei mezzi di trasporto ma esclusivamente un sistema di aviazione militare e finalizzato alla attività principale di sorveglianza del mondo abitato, volando su quel confine che lo divide dalle cosiddette ‘badlands’ che sono abitate da non meglio precisati mutanti e che i capi di questa nuova religione, per lo più eminenze grigie tipiche di epoche oscure - e che hanno un peso specifico determinante nell’ordine sociale sempre più precario di Kiteworld - chiamano mostri e sostengono siano demoni, creature che provengono dalle fiamme dell’inferno e che come tali vadano annientate o comunque impedite di avere contatti con il mondo ‘civilizzato’. Va detto per il resto che i più scettici non credano affatto alla loro esistenza e considerino questi come semplici allucinazioni. Ma il loro pensiero e minoritario e comunque considerato blasfemo.
Il punto della questione è tuttavia quanto il concetto di ‘mostro’ sia, come si può immaginare, oltre che mutevole, particolarmente sottile e questo confine ideale in una società così arretrata e attaccata a degli schemi e delle regole inviolabili sia praticamente inesistente e in ogni caso possa essere ‘spostato’ in qualsiasi momento da chi sta in alto e determina così la vita di tutti gli altri. Le storie raccontate si scontreranno tutte con questa realtà, i protagonisti ne pagheranno amaramente le conseguenze fino a un finale dagli importanti contenuti simbolici e la considerazione che probabilmente i Cody, che apparivano loro come degli strumenti per volare e librarsi in aria alla ricerca di una specie di libertà e come via di fuga da una società così rigida, sono invece degli strumenti del potere e che come ombre gigantesche volano continuamente sulle loro teste, decidendo per essi il loro destino.
Un romanzo dai contenuti più ‘forti’ invece che strettamente fantasiosi, tanto che definirei l’ambientazione fantascientifica solo come contestuale, al limite strumentale, e che parla di giovinezza e di libertà e di amore nel vero senso della parola e di come sia difficile concretamente amare in un modo carico di incertezze e di violenza e di pregiudizi.
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