Nel 1968, Kevin Ayers, esausto dopo il lungo tour con i Soft Machine, decide di lasciare il gruppo e ritirarsi al sole di Ibiza, dove finalmente può riposarsi tra distrazioni di ogni genere, dilettandosi, tra le altre cose, a comporre canzoni alla chitarra: così nasce il primo lavoro da solista, Joy of a Toy, dal clima mediterraneo, il vino, il mare e i divertimenti di quest' isola amena che perfettamente si sposa con l'anima romantica, pigra, indolente dell'artista.
In questo senso il disco è paradigmatico, ben più di altri suoi lavori definisce lo stile Ayers, il suo approccio scanzonato alla musica e alla vita, inevitabilmente segnato da un'atavica pigrizia che finirà per intaccarne l'indubbio talento.
Ayers era il lato bohemienne dei Soft (e prima ancora dei Wilde Flowers), lo spirito dandy del rock di Canterbury: con Joy of a Toy si cimenta invece in un genere, la canzone, completamente diverso dai suoi trascorsi, per quanto il suo stile attinga molto dal jazz-rock canterburiano come dalle bizzarrie patafisiche della sua vecchia formazione, definendo una sorta di pop progressivo (soprattutto nella scelta degli strumenti) con reminiscenze psichedeliche.
Il primo brano rappresenta appunto il giusto anello di congiunzione tra passato e presente (Joy of a Toy - Continued, riferimento ad un suo vecchio brano con Wyatt e Ratledge), ed è a suo modo programmatico, una marcetta scherzosa e senza pretese, quasi un invito a non prendere troppo sul serio l'album.
Su questa falsa riga prosegue infatti tutto il disco, ogni brano, è pervaso da un'(auto)ironia gioiosa e spensierata, intriso di una poesia profondamente romantica, goliardica, bislacca ed infantile, musica che sembra effettivamente ispirata dal clima mite delle Baleari.
Rag scanzonati (Clarietta Rag), ballate orchestrali (Town Feeling, a mio modo di vedere il miglior pezzo del disco) e quasi "d'autore" (All These Crazy Gift Of Time), canzoni irriverenti (i bagliori psichedelici di Stop This Train o le divagazioni jazz di Song For Insane Times, che sembra una traccia dei Soft) si alternano a suadenti dichiarazioni d'amore (Girl On A Swing, Eleanor's Cake, Lady Rachel), momenti da sogno, il tutto cucito assieme dalla calda, romantica, inconfondibile voce baritonale.
È indubbiamente il miglior lavoro di Ayers, un disco che ha proprio nella modestia, nella sua ingenuità il punto di forza. Mai tornerà su questi livelli di spontaneità ed originalità, scadendo album dopo album in un genere stagnante, spesso banale. Dopo lo storico concerto del '74 con Cale ed Eno la sua stella si offusca definitivamente, nessuno si ricorda più di lui, benché la sua produzione prosegua ancora a lungo, trascinandosi per inerzia fino agli anni '90 tra brevi sessioni di prove, dischi tirati via per onorare il contratto con la Harvest, e soggiorni vacanzieri sempre più lunghi.
Al signor Ayers (oggi sessantenne) resterà di certo il ricordo di una vita goduta al massimo, al mondo della musica e a noi pubblico il rammarico di aver visto appassire l'estro di un musicista che avrebbe potuto dire molto di più (lungi da alcuna critica, ritengo anzi la sua scelta ampiamente condivisibile: chi, al posto suo, non farebbe altrettanto?).
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