Kid Rock (nato Robert James Richie) salì agli onori della cronaca qualche anno fa quando si sposò con Pamela Anderson. Questo significa che il signor Richie non pretende chissà quali doti culturali dall'altra metà del cuore. Per quanto riguarda la sua musica invece, qui in Italia non ha trovato un pubblico molto vasto. Complice la sua immagine da tamarro tutto tatuaggi, moto e elogi al pompino. In America invece ha un pubblico piuttosto corposo, tant'è che nel 2007 con l'uscita di "Rock N Roll Jusus" riusci a far scendere dal podio niente di meno che "Magic" di Bruce Springsteen. I più informati sanno che Kid Rock in passato si è cimentato con l'hard rock e il rap, mentre quest'ultimo album "Born Free" uscito a novembre del 2010, è tutto incentrato su sonorità country rock. E' vero che da noi il country è un genere praticamente ignorato, ma a mio giudizio "Born Free" non è così inavvicinbile e imbarazzante come possono risultare certe canzoni country.
Il disco scivola via che è un piacere, in maniera molto scorrevole. Senza picchi di genio e senza innovazioni, certo. Si tratta semplicemente di canzoni che vogliono continuare una tradizione. Una tradizione tutta a stelle e strisce. Kid Rock non vuole inventare niente e non vuole rinnovare la scena musicale, vuole semplicemente costruirsi un'immagine credibile nel nuovo country rock, e forse purificarsi dagli eccessi del passato. La title track è certamente una canzone manifesto per quel che riguarda il pensiero del suo autore: "You can knock me down and watch me bleed, but you can't keep no chains on me" canta l'artista del Michigan. Il testo è ben scritto e la musica chiamerà certamente a raccolta molti americani mentre impugnano bandiere a stelle e strisce. L'album si mantiene più o meno sullo stesso livello, con canzoni molto orecchiabili con testi talvolta interessanti e altre volte senza troppe pretese. Come la blueseggiante "Rock Bottom Blues" con quell'armonica in sottofondo che scandisce un ritmo certamente già sentito, ma che comunque ti fa battere il piede. "Slow My Roll" è un invito a prendere le cose con più calma, raggiunta ormai la soglia dei quarant'anni, mentre "Care" e "Purple Sky" risultano episodi prettamente radiofonici. La prima in duetto con Mary J. Blige. Inizialmente potrebbe apparire interessante il duetto con Sheryl Crow in "Collide" che vanta Bob Seger al pianoforte, ma purtroppo la canzone risulta essere l'episodio più noioso dell'album. Peccato. Ricordiamo che la reginetta del new country americano aveva già collaborato con Kid Rock nella canzone "Picture" contenuta nell'album "Cocky" del 2001. un episodio da menzionare è sicuramente "Times Like These" che ricorda vagamente lo Springsteen di "My Hometown" per quanto riguarda la raffigurazione del rapporto affettivo con la propria città. Una della canzoni più serie di Kid Rock, con una melodia a parer mio adorabile. "God Bless Saturday" si può commentare dicendo che è piuttosto orecchiabile, ma ogni critica inerente al testo risulterebbe scontata poiché è già contenuta nel titolo.
"When It ains" "Flyin' High" e "Rock On" sono delle dignitose canzoni che ben si inseriscono nel panorama del nuovo country. Mentre a chiudere l'album è il falsetto di "For The First Time (in a long time)" canzone che sa di sud americano che può andar bene come episodio singolare perché il falsetto non si addice molto a kid Rock. Per concludere, penso che la produzione di Rick Rubin (Aerosmith, Red Hot Chili Peppers, Johnny Cash, Mick Jagger, AC/DC, Tom Petty) abbia giovato al suono del disco. consiglio l'album agli amanti del country rock. Se volete ascoltare un album piacevole e scorrevole vale la pena di dare un ascolto a "Born free". Io personalmente in più di un'occasione l'ho ascoltato in viaggio e la sua compagnia è stata piacevole. Mi piace l'idea che se voglio ascoltare un buon album di country rock non occorre risalire ad album di 30 anni fa ma posso benissimo farlo con un album del 2010. Poi è chiaro che il passato ha una grossa importanza. Ma se ci concentriamo sul presente, forse, certe cose riusciamo a godercele di più.
Alla prossima...
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