Cosa si può dire di un videogioco che inizia illustrando al giocatore lo schema per dormire e poi svegliarsi?
Surreale. Davvero, in tutti i sensi, non esiste un altro termine che possa render conto in modo più appropriato dell'essenza di "Yume Nikki" ("diario dei sogni" in giapponese). Programmato dall'oscuro Kikiyama tramite RPG Maker 2003 e attualmente disponibile nella versione 0.10 (da considerarsi definitiva), più che un gioco è una sorta di chimera.
Il nostro personaggio sarà Madotsuki, una ragazzina che per ragioni ignote è diventata un'hikikomori, cioè una specie di eremita in casa sua. L'inizio di Yume Nikki, a prima vista, non apparirà troppo bizzarro: saremo soli nella nostra cameretta, con un letto, una scrivania dove salvare e una console con un giochino del cazzo, e se vorremo potremo anche affacciarci presso l'ampio balcone. Quindi, vi chiederete, che si fa? Semplice: si va a dormire. E la pazzia avrà inizio.
Faremo la nostra comparsa presso il balcone, ma con un cielo diverso e una musica che pare condensare in sé l'essenza dei sogni inquietanti, e la porta che prima Madotsuki si rifiutava di aprire ora ci condurrà al cosiddetto "Nexus", una vasta stanza pentagonale che è appunto collegata con dodici mondi. E quindi? Quindi niente. Ciò che rende questo gioco così affascinante e intrigante è la pressoché totale assenza di un filo logico: il nostro unico, nonché vago obiettivo è raccogliere i 24 "effetti" sparsi in giro, ma non ci viene detto nulla di più. Non c'è un ordine in cui esplorare i diversi luoghi, non c'è mai una spiegazione di quanto stia accadendo. Ci ritroveremo a vagare attraverso luoghi sconfinati, tutti con le loro peculiarità, ma in genere caratterizzati da un'atmosfera malinconica e/o oppressiva, che lentamente si accumula nelle vene del giocatore e che talvolta raggiunge picchi che possono addirittura essere spaventosi.
Tutto questo rende "Yume Nikki" vicino ad essere un "non-gioco". Ad esempio, se, con buona pace di Wittgenstein, ritenete che una caratteristica basilare di un gioco sia l'alternativa vincere/perdere, bene, qui perdere è impossibile. Sostanzialmente non esistono nemmeno nemici: l'unica possibile eccezione sono le "Toriningen" ("uomini uccello"), esili donne provviste di una specie di becco che, se "folli", vi inseguiranno per intrappolarvi in una zona chiusa; tuttavia, con certi effetti, le si renderà del tutto inoffensive (basti pensare al semaforo, che può immobilizzare tutte le creature del gioco). Mettendo il gioco in pausa verrà visualizzata anche la vostra barra della "vita", ma è solo una presa in giro, un trucco per far assomigliare "Yume Nikki" a un vero action RPG. Anche se prendere tutti e 24 gli effetti senza consultare una guida online è praticamente impossibile, in teoria bisognerebbe fare solo questo: esplorare, ispezionare i luoghi assurdi che visiteremo in ogni anfratto e scoprire le decine di warp nascosti: farsi stupire.
Dato che nel gioco non viene spiegato nulla, sono proliferate tantissime teorie e interpretazioni dei fan, più o meno plausibili e accreditate: oltre alle discussioni filosofiche che si potrebbero fare su questo "bisogno ermeneutico", spesso sono proprio queste teorie a conferire a "Yume Nikki" la sua aura sinistra, o, meglio, ad amplificarla, in quanto sono quasi tutte profondamente negative. Praticamente nessuna, però, dà interamente conto del gioco: e allora non resta che giocare, interagire, magari imbattersi in eventi cult come quello di Uboa e depositare tutti gli effetti nel Nexus sotto forma di uova, per svegliarsi ed assistere all'incredibile, stordente finale.
A volte ci si è chiesto se sia Kikiyama il genio o, piuttosto, i fan della sua creazione, che con le loro teorie avrebbero di fatto "costruito" il gioco. A me non interessa un granché: volevo solo segnalare una delle esperienze ludiche più strane che abbia mai fatto (freeware, tra l'altro), e anche piuttosto disturbante. E se non siete d'accordo, provate a giocarci di notte a luci spente...
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