Tutte le mattine, mi sveglio, come l'ultimo degli automi. Il freddo seziona la mia pelle, sfilacciandola nella nullità del mondo, provocando l'odio di chi mi avrebbe sempre voluto pulito. Tuttavia, riesco ad abbandonar il corpo nelle lontane fredde onde, dimenticandomi persino di quanto nero è l'orizzonte e quanto è eccitante il sapore dell'annullarsi. Il mio diletto è fingere di esser socievole, il mio diletto sono flashback di massacri quando cammino. Il mio unico rimpianto, è di non aver appeso i miei organi a dei ganci al calar del sole.
Ho sempre pensato, che qualora io voglia dimenticar di esser costretto a "farmi del bene", l'amore non esiste. Se non nello scaraventare le pupille nel firmamento, devastato da fiamme nere e divinità, che non volendo rinunciar al proprio suolo, incominciano a divorarsi da soli... . Io sono un idiota che non ha mai voluto veder nessuno. Non riesco a sbarazzarmi di quegli attimi, quando mi gettai dalla finestra diritto sul suolo. Aprii comunque gli occhi. Scrissi poi a quella che credevo fosse il mio fedele corpo. -"Corri, vieni, stavolta faccio sul serio"-, -"adesso non posso, vedrai, andrà tutto bene, vedrai, guarirai".
Il giorno successivo vagai nel vuoto di un deserto. L'amore non esiste. L'uomo è un animale, continuerà a prestar attenzione a chi non lo merita, continuerà a finger di amare, continuerà a essere infedele, continuerà a pensar da solo di esser persino un artista, un poeta decente, che le sue critiche siano importanti. Crederà illudendosi, di esserci e di servire... Senza sdraiarsi su un campo, dove le scosse tormentano tratti schifosamente enormi. Senza perdersi guardando l'erba dell'insensibile suolo muoversi sotto il cielo sbiadito e sentirsi finalmente, il più idiota di tutti.
II
Kill The Thrill, "Tellurique". Terzo lavoro per il gruppo francese uscito per l'immensa Season of Mist. Tellurique, ovvero, cosa sarebbe se, reti di riverberi martoriati e lontani lamenti, fossero tradotti in musica. Marzialità sonora e ricchezza di arrangiamenti, quando la batteria diviene secondo dopo secondo sempre più “inumana” e quando le chitarre decidono di dipingersi di vibrazioni tipicamente Godflesh. La voce è uno straziante, delicato, emozionante ruggito, non so di cosa canti, ma non importa, mi basta rimanere stremato a terra dalle sue onde sonore. Spiazzante, è l'avanzare delle emozioni, che per certi istanti raggiungono livelli insostenibili (Like Cement). In altri momenti invece si vanno a ricercare soluzioni apocalittiche e distorsioni delicate quanto acide (A Little Salt for a Better Feeling). Tutto questo prendendo momenti post-punk e industrial: prima si aggiungono i Swans, poi si va a risvegliare Ian Curtis ma con la voce di Jaz Coleman (qui più nenia/cantilena), per finire si tenta l'incontro di poli musicali distanti, IAMX e Coil ad esempio.
Questo è un capolavoro, ma non posso descrivervelo, non questa intimità, non ci riesco. Ascoltate signori, ascoltate e annullatevi...
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