Lanciata alla ribalta e portata all'attenzione dei media da Gotye con la mega-hit "Somebody That I Used to Know" nel 2011, la giovanissima cantautrice e compositrice Kimbra Lee Johnson, in arte semplicemente Kimbra, tre anni dopo quel fortunato singolo e la pubblicazione del suo album di debutto "Vows", che peraltro ottenne un discreto, nonché meritato successo, torna a calcare le scene musicali con "The Golden Echo", che, un po' per reali meriti, un po' per la scarsa concorrenza, si appresta a conquistare il titolo di miglior disco pop dell'anno, con probabilmente solo il tanto atteso "Sparks" di Imogen Heap e il sottovalutatissimo "Water Breaks Stone" di Charlotte Martin a contendergli tale nomea.

Chi si aspetta un seguito di "Vows", va detto, rimarrà però deluso, dato che di quel pop-jazz particolare e schizofrenico che lo caratterizzava non c'è praticamente traccia nel nuovo lavoro in studio di Kimbra, che abbandona quel sound, sicuramente per lei più confortevole, per gettarsi a capofitto in paesaggi sonori completamente diversi, sperimentali e per certi versi onirici: ascoltando "The Golden Echo" si ha infatti la sensazione di stare vagando in un sogno, in cui, guidati dalla versatile ed energica voce della padrona di casa, veniamo catapultati in maniera del tutto imprevedibile da passeggiate in mezzo a deserti soleggiati a folli corse su delle montagne russe. Musicalmente ciò si traduce in una tracklist che pesca a piene mani dalla musica pop, elettronica e black degli anni '80 e '90 a seconda dei gusti e degli umori della Johnson, che passa così con disinvoltura dall'hip-hop cybernetico di "Goldmine" al teatrale electro-funk à la Prince di "Madhouse" e il frizzante pulsare disco di "Miracle", senza dimenticare qualche tocco industrial in "90s Music" e un'eterea ballata, "As You Are", che non può non richiamare alla mente la Kate Bush più sognante di pezzi come "The Man with The Child in His Eyes"; "The Golden Echo" però è ben più che un semplice ripescaggio vintage di svariati generi musicali, dato che a filtrare il tutto c'è l'eclettica e stralunata personalità di Kimbra, che riesce a rendere unico qualsiasi brano scriva, di qualunque genere esso sia: nei tre anni in cui l'album è stato elaborato la nostra non ha infatti lesinato nel lavorare con cura maniacale a ogni singolo suono presente al suo interno, con il risultato che è praticamente impossibile trovare qualcosa che sappia di già sentito anche nei pezzi più canonici come l'elegante apertura "Teen Heat" e la splendida mid-tempo trip-hop "Carolina", in cui il tentativo di dare al lavoro un sound unico e particolare è più evidente che mai.

Chi, come me, dunque, apprezza quegli artisti che cercano sempre di dare una connotazione unica e distinguibile alle loro opere, non potrà che saltare di gioia nell'ascoltare i suoni così curati e gli arrangiamenti così ben fatti che caratterizzano quest'album (particolare lode va fatta alle linee di basso, davvero notevoli!), ma anche chi vuole semplicemente deliziarsi con un disco pop particolare e per certi versi unico nel suo genere non potrà non rimanere affascinato da "The Golden Echo", che non fa che confermare il talento di Kimbra, ora a pieno diritto considerabile una delle migliori autrici pop degli ultimi anni e, presumibilmente, di parecchi altri a venire.     

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