Discipline, King Crimson 1980

"Discipline is never an end in itself, only a means to an end."

I King Crimson, dopo il magnifico e tristissimo addio di Red nel 1974 tornarono agli albori degli anni '80 con una formula totalmente rinnovata e rivista, libera da etichette e punti di riferimento.
L'unico membro confermato fu Bruford (tecnicamente sempre più spaventoso), al quale si aggiunsero due virtuosi musicisti americani: Adrian Belew (chitarra d'accompagnamento) e Tony Levin (Chapman Stick e basso).
Naturalmente tutti gli strumentisti ruotavano attorno al severo padrone Robert Fripp, che nel suo ineccepibile stile english non mancava di stupire tutte le platee e sopratutto la critica.
Ciò che Fripp e Bruford vollero creare fu qualcosa di nuovo e totalmente incontrollabile, che lasciasse libera espressione ai due lati contrastanti del geniale chitarrista: la assoluta rigorosità artistica e la follia più totale, con l'aggiunta della coesione, una coesione tra strumenti che mai prima di allora si era sentita, non solo in fatto di impasto sonoro,ma sopratutto nella capacità di assecondare le uscite virtuosistiche dei compagni con naturalezza estrema (come dimostra il brano "The Sheltering Sky").

Il disco si apre con la graffiante "Elephant Talk" dominata dalla chitarra distorta di Belew che simula barriti di elefanti e suoni di natura ben poco ortodossa. La canzone è quella che maggiormente riflette l'anima più geniale e creativa dei KC, sempre alla ricerca del futuro e dell'innovazione,sempre rattristiti dallo staganante presente. Brano interessantissimo da diversi punti di vista, a partire da quello lirico: per la prima volta i KC si lasciano andare in una canzone, seppur grondante ironia e satira, carica di sense of humour e allegria, elementi assolutamente inusuali per la band inglese. Il drumming di Bruford si delinea alla perfezione nel suo stile africaneggiante, che appunto prende origine dalla primigena intenzione di Fripp e soci di ispirarsi alle ritmiche ipnotiche del Gamelan, danza africana, creando il Gamelan Rock.

Il virtuosismo di questa nuova incarnazione dei KC però risiede nella seconda canzone, la spaventosa (tecnicamente) "Frame By Frame", che dà nettamente l'impressione di provenire da un'epoca futura.
Fripp sostiene con velocità assurda le autentiche fiammate di Belew alla chitarra, Levin accompagna con un basso elementare ma spaventosamente incisivo, accorpandosi al drumming fresco e irregolare di Bruford con naturalezza jazzistica, tutto ciò fino al triste ritornello, dove Belew recita un Haiku giapponese con voce lamentosa e la tensione si scarica con dei portentosi colpi di bass drum sostenuti da colpi sui timpani di africana potenza, assieme al resto degli strumenti che riprendono il tema iniziale alle solite velocità. Un continuo alternarsi di pieno e vuoto che forma una canzone davvero fuori dal tempo. Da segnalare l'autentica prodezza effettuata dalle due chitarre alla ripresa del ritornello, dove una delle due tiene il ritmo normalmente e l'altra invece lo replica mancando di volta in volta una singola nota,alla sedicesima ripetizione della battuta però le chitarre si ritrovano magicamente in sincrono.

Segue "Matte Kusadai", un lento dolce e romantico non particolarmente rimarchevole, anche se davvero emblematico della capacità di Robert nell'infondere emozioni, ancor prima che claustrofobia e antipatia a pacchi.

Ecco però la seconda perla del disco. "Indiscipline". Il ritmo del basso è irregolare, cupo e minaccioso, il cantato (sussurato) di Belew è inquietante e folle e il riff che segue i sussurri del cantante è quanto di più caotico possa esistere.
Il brano procede con una magnifica alternanza vuoto/pieno, fino all'apogeo finale, dominato da un totale sfogo degli strumenti in un irregolare 13\8, che non può che ricordarci l'immortale Starless... Il lato oscuro della disciplina,l'indisciplina "I LIKE IT!" come dice l'urlo finale di Belew.

Segue la gasante e velocissima "Thela Hun Ginjeet", che narra con una registrazione in tempo reale un'esperienza subita da Fripp e Belew a New York,dove si imbatterono in una gang. Il brano è eseguito ad altissime velocità ed anticipa in parte lo stile che sarà degli U2.

Segue quello che è forse il mio brano preferito in assoluto. "The Sheltering Sky" è la long song del disco, tesa tra vibrazioni oniriche e puro math-rock di matrice "frippiana". Spettacolare e riflessiva, ma al tempo stesso intimista e tormentata, ricchissima di stacchi combinati delle due chitarre sul soffice tappeto di Stick del caro vecchio Levin. Ma la cosa più spettacolare di questa canzone è la sua stratificazione. Dopo centinaia di ascolti penso di poter affermare che mai Fripp abbia scritto un pezzo così complesso eppure apparentemente così semplice. Si tratta di un dialogo di 8 minuti e 24 tra tutti gli strumenti, nè più nè meno, prima Levin discorre con Belew, poi riferisce a Fripp quanto detto, poi Fripp prorompe in un monologo verso la fine acclamato da Belew, che unisce la sua chitarra al coro. Ascoltare per credere.

Segue "Discipline", il brano più "classico" del disco, basato esclusivamente sul magnifico dialogo delle due chitarre, pazzesca e più rimarcata la capacità di improvvisazione di questi KC, così freddi e matematici eppure così ribollenti di creatività.

Nell'edizione bonus esiste un'altra versione di Matte Kusadai più rockeggiante, che poi a dire il vero si tratta totalmente di un nuovo brano di stile simile quasi a quello dei Rush, davvero bello e movimentato.
 So che questa recensione è già stata scritta, ma mi sarebbe piaciuto lasciare la mia opinione sul mio disco preferito. Andateci piano, ho solo 14 anni xD
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