Ah, i Kingdom Come. Un gruppo che ha sempre viaggiato in un filo sospeso tra amore e odio, anche per il sottoscritto. Un'esistenza difficile, quella del gruppo di Lenny Wolf, e purtroppo non poteva essere altrimenti, dopo un disco d'esordio come l'omonimo del 1988, con l'ombra del Dirigibile neanche tanto velata sempre presente sullo sfondo. Furono vittime di un'opera di denigrazione, tanto feroce quanto ingiusta, da parte sia della critica musicale che da molti dei loro "colleghi" della scena hard/glam americana di quegli anni, culminata nella "dedica" da parte di Gary Moore e Ozzy Osbourne nella song "Led Clones", presente nell'album "After The War" di Moore (1989). Questo nonostante il secondo album, "In Your Face" , si distaccasse anche se solo parzialmente dai loro grandi maestri, prendendo una piega più tendente all'hard rock e quasi all'hard n'heavy in pezzi come "Highway 6", "Perfect ‘o' " e la conclusiva e splendida "Stargazer", anche se è innegabile che la voce di Lenny rimandi per forza di cose a quella di Robert Plant, e pezzi come "The Wind" o "Mean Dirty Joe" avessero dei riferimenti non troppo celati ad alcune celebri song dei Led.
I primi due album comunque ebbero un buon successo, e la band si meritò la partecipazione al "Monsters Of Rock" nel 1988, oltre a varie date a supporto dei più quotati Scorpions e Bon Jovi; ma l'anno successivo il gruppo sembrò sciogliersi a causa di attriti interni, con il conseguente abbandono di tutti i membri a parte il singer Lenny Wolf, che però dopo qualche anno di silenzio riformò i Kingdom Come, avvalendosi della collaborazione del chitarrista Blues Saraceno, del batterista Steve Burke, del il tastierista Voen Van Baal e di Carol Tatum in fase di sogwriting.
L'album ha poco da spartire con i suoi predecessori, anzi penso che sia più giusto considerarlo come un lavoro solista di Lenny Wolf; infatti viene quasi del tutto messa da parte la carica hard del precendente "In Your Face", sostituita invece da un utilizzo predominante delle chitarre acustiche, ed inoltre l'influenza dei Led Zeppelin viene ridotta ad una semplice ispirazione e niente più, rispetto alle citazioni al limite del plagio degli album precedenti.
E' un album molto intimista, capace di creare un'atmosfera davvero particolare e suggestiva, e basta solo l'intro dell'opener "I've Been Tryin'" per calarci fin dentro l'anima del disco, con delicati inserti di piano, di chitarra acustica e di flauto che tessono una melodia fiabesca, spazzata via ben presto da un riff improvviso che rianima la song rendendola elettrizzante e trascinante grazie anche alla voce a tratti molto aggressiva di Lenny. Una volta addentratesi nell'atmosfera di questo album le canzoni sfilano via con piacere, passando dalle più ritmate "Should I", "Blood On The Land" e "Both Of Us", pezzi sempre sospesi tra melodia e carica hard rock, al rock divertente e coinvolgente di "Stay", canzone allegra e solare dal ritornello memorabile e trascinante; dai ritmi cupi di "Shot Down" alla melodia sognante e celestiale di "You'll Never Know" pezzo che riesce ad essere romantico senza risultare banale e scontato come molte ballate del periodo, una canzone dalla dolcezza immensa che riesce a trasmettere delle sensazioni davvero profonde, grazie anche all'interpretazione pacata e molto sentita di Wolf, per arrivare a "You're Not The Only... I Know", pezzo acustico che riesce a far convivere allo stesso tempo una avvincente carica rock con un romanticismo unico soprattutto nel ritornello, per una song davvero meravigliosa capace di colpire al cuore; passando per i ritmi maggiormente hard rock di "Do I Belong" per poi chiudere in bellezza con la title track, altro pezzo in grado di porsi a metà strada tra parti più ritmate e rock e melodie più ricercate e d'atmosfera.
Si chiude qui questo "Hands Of Time" disco molto particolare e affascinante ma che purtroppo non ebbe un buon riscontro commerciale, a causa della scarsa promozione che ebbe a supporto. A questo album seguirà il successivo "Bad Image" (1993), che non mi ha mai convinto fino in fondo, e poi "Twilight Cruiser" (1995) album che invece aveva dei buoni spunti e qualche canzone davvero riuscita. Mi sono fermato qui con l'ascolto dei Kingdom Come, anche se so che la band è ancora attiva e ha pubblicato diversi dischi anche negli ultimi anni, una band che è giusto ricordare, in quanto ha saputo regalare delle grandi canzoni hard rock e, pur non inventando nulla, ha contribuito a rendere ancora vive negli anni '80 e '90 sonorità che altrimenti non sarebbero sopravvissute ai seventies, riproponendole sempre con grande classe e gusto, grazie anche alla voce sempre stupenda di un grande singer come Lenny Wolf.
Tracklist:
- "I've Been Tryin'"
- "Should I"
- "You'll Never Know"
- "Both Of Us"
- "Stay"
- "Blood On The Land"
- "Shot Down"
- "You're Not The Only... I Know"
- "Do I Belong"
- "Cant' Deny"
- "Hands Of Time"
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