Cominciamo dai nomi: Caleb, Jared, Nathan e Matthew. Biblici.
Tre fratelli, figli di un "preacher man". E un cugino.
Messi assieme non arrivano agli 80anni. In piú vengono dal Tennessee e, fosse solo per questo, i quattro "reucci" si meritano l'umile devozione di chi scrive (Tennessee= Jack Daniels).

I Kings of Leon (si chiamano così in onore della buon anima del nonno) sembrano essere arrivati nel 2003 su una macchina del tempo direttamente da Woodstock.
Con le loro barbe, capelli lunghi e bell bottoms stracciati, KoL guardano "questo" mondo con occhi sgranati, curiosi e impazienti.

"Holy Roller Novocaine", EP di debutto, rispecchia in pieno questo atteggiamento. I testi raccontano di fantasie ed erezioni adolescenziali, della voglia di vedere e "vivere" il mondo - in technicolor seppur piú "pericoloso" - che esiste al di là di quella sicurezza parrocchiale a loro tanto familiare.

Con un suono fortemente ispirato al blues/rock '70, e strizzando l'occhio ai Doors di "L.A. Woman", il risultato è decisamente simpatico.
"Stetsons, cowboy boots e una bella 'cavalcata' con tanto di 'Yuppiayee!!!' in un motel, in mezzo al deserto, Wild at Heart, Fear and Loathing in Las Vegas, Teachings of Don Juan, The Lizard King, Jack on the Rocks".
Questo è ciò che fan venire in mente i tre pezzi dell'EP.

Facili, sexy e, a modo loro, melodici, senza mai cadere nel melenso. Ritmi veloci e accattivanti.

La perfetta colonna sonora per un viaggio in macchina nel profondo Sud.
Un'inizio promettente, anche se, certamente non si può gridare al genio innovatore".
KoL sono molto giovani e senz'altro devono ancora trovare un suono individuale; il talento sembra esserci. Lo stesso vale per quel che si chiama "looking the part".

"Holy Roller Novocaine", nove minuti e quarantun secondi di rock'n'roll facile, da ascoltare con un po' di spirito e relax.
And while you're at it, make love not war. x

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