“Schmerz” è un altro album breve, come ce ne sono molti nell'infinita produzione discografica dei Kirlian Camera, costellata da una miriade di Ep e singoli, più o meno significativi.

Tuttavia “Schmerz”, pur nella sua brevità, costituisce un passo estremamente importante nel coraggioso cammino di Angelo Bergamini, poiché segna l'inizio della seconda era della band, nata agli albori degli anni ottanta all'insegna di sonorità prevalentemente electro, industrial ed EBM.

“Schmerz” esce nel 1992 e segue di un solo anno l'uscita dell'altrettanto fondamentale “Todesengel – The Fall of Life”, dove Bergamini reinventò il suo progetto alleandosi con due validi collaboratori: Simon Balestrazzi, abile polistrumentista già militante nei T.A.C., e la divina cantante Emilia Lo Iacono, destinata a divenire l'immagine e il simbolo di questa seconda incarnazione dei KC.

In “Schmerz” si compie definitivamente quello che si era tentato nella prova precedente: in un certo senso il sound dei KC si fa meno tributario dell'arcigna tradizione elettronica ottantiana e si apre ulteriormente ad un'ariosità sinfonica ed ai dettami di un folk oscuro, anche se le avvisaglie di un tale mutamento erano intuibili nelle propensioni progressive rinvenute nel capolavoro degli anni ottanta ed opera simbolo del primo periodo “Eclipse (Das Schwarze Denkmal)”.

“Schmerz”, nel dettare nuovi standard stilistici, è annoverabile fra le opere dei KC più omogenee, e ci svela le qualità di fine compositore di Bergamini, che fino ad allora avevamo conosciuto invece solo ed esclusivamente come genio dell'elettronica.

Le partiture di organo del brano introduttivo, l'intensa titletrack dalle sontuose movenze sacrali, c'introducono in questo nuovo rituale fatto di intima spiritualità e suggestivi paesaggi interiori, e che portano i KC sul medesimo piano dei modenesi, quasi conterranei Ataraxia. Il brano brilla anche per un bellissimo e cinematografico recitato in lingua italiana, chiamato a ripercorrere un significativo passaggio del “Liber De Passioni Christi” di Bernardo Da Chiaravalle.

Veri brividi scorreranno sulla vostra schiena con la successiva “Helden Platz”, uno dei brani più belli firmati da Bergamini e giustamente divenuto classico immortale della band: le cinematiche evoluzioni di tastiera sapientemente tessute dal musicista parmense vengono qui innalzate a cieli paradisiaci grazie alla voce della Lo Iacono, non di certo una cantante impeccabile dal punto di vista tecnico, ma non per questo priva della capacità di saper emozionare l'ascoltatore ad ogni suo singolo vocalizzo.

Seguono l'inquietante “Der Tote Liebknecht”, pervasa da sapori arcani ed ammaliante nei suoi intrecci di percussioni e voci maschili e femminili, e la folkeggiante “Raindome”, cantata da Bergamini, nella quale la chitarra acustica e gli eterei controcanti della Lo Iacono traghettano i Nostri molto vicino ai territori battuti dai Death in June sul finire degli anni ottanta, a dimostrazione di come il filo fra la band italiana e la scena apocalittica rimanga ancora saldo ed indissolubile.

Le strumentali “Krematorium” 1 e 2 costituiscono un suggestivo interludio sinfonico, prima che la voce della Lo Iacono riprenda il discorso interrotto nella conclusiva “Twilight Fields”: insomma, si sarà capito, ma in “Schmerz” di EBM non ce n'è nemmeno a ricercarlo con il lanternino. Piuttosto, attoniti, estasiati, osserveremo il procedere maestoso di pompose trame sintetiche che vanno a ricalcare la più dotta avanguardia cosmica o le gesta di autori come Vangelis, che di colonne sonore se ne intende.

Valido di per sé e per i suoi contenuti rivoluzionari (per la band), “Schmerz” costituisce infine la premessa necessaria per la gestazione dei capolavori degli anni novanta, individuabili nell'imperdibile trittico “Erinnerung”, “Solaris – The Last Corridor” e “Pictures from Eternity”, album che consacreranno definitivamente i KC fra i grandi del verbo oscuro, non solo in Italia, ma anche e soprattutto a livello internazionale, visti i numerosi attestati di stima da parte di altri blasonati artisti della scena industriale e non. Anche se, e questo è un peccato, tali dimostrazioni di stima non verranno ahimè seguite da un vero successo di pubblico.

Ma questo è un aspetto che poco interesserà a coloro che poco badano agli indici di vendita e popolarità per determinare il valore intrinseco di un'opera.

Consigliato pertanto solo ed esclusivamente a quest'ultimi...

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