Non si può certo dire che lo scorcio finale degli anni novanta sia stato un bel periodo per Angelo Bergamini, impegnato fra le altre cose a difendersi dalle accuse di nazismo piovute dal gran pulpito del sociologo Alfred Shobert: in quegli anni si susseguono la rottura con l'etichetta storica Discordia, il creparsi di una formazione sempre più fragile e meno compatta, un'ispirazione ballerina che va e che viene e che non sempre pare assestarsi all'altezza della fama della band.

E' il 2000, esce “Still Air [Aria Immobile]”: i Kirlian Camera si affacciano sul nuovo millennio con uno dei loro lavori più cupi, se non il più cupo, frutto oscuro di una fase oscura attraversata dall'ensemble parmense negli anni appena precedenti. L'agghiacciante requiem iniziale, “The Unreachable One”, ne è la più oscura testimonianza: otto minuti otto per tre note tre che si ripetono con passo funereo, ipnotico, squarciate dai tagli obliqui di un'elettronica glaciale, attraversate da voci di fantasmi, miasmi di macchine morte fluttuanti nell'aria, come frequenze disturbate captate dalla monumentale antenna che campeggia nella suggestiva copertina in rigoroso bianco e nero.

La formazione si assesta sostanzialmente su una struttura a due, che vede l'inossidabile Bergamini destreggiarsi fra sintetizzatori e diavolerie elettroniche, coadiuvato dalla seducente cantante e compositrice Elena Fossi, che aveva debuttato l'anno precedente nel buon “Unidentified Light”. Elena Fossi non fa rimpiangere la storica musa Emilia Lo Iacono, la cui voce ancora compare in un paio di episodi: come non citare la splendida “Absentee”, rinomato classico della band, sorta di electro-country intergalattico che va a rappresentare il lato più propriamente folk del progetto. In “Unaufmerksame Leute” (l'altro brano che vede la presenza dell'ugola della Lo Iacono, brano che sembra partorito dalla mente dei quattro cadaveri dei Kraftwerk ibernati ed imprigionati in una navicella persa nello spazio infinito) la riccioluta cantante preferisce ricamare in lontananza i terribili recitati di Bergamini, la cui voce, immancabilmente effettata, emerge qui più che mai fredda e robotica. E proprio questo rantolo arido e senza vita saprà ritagliarsi lungo l'opera diversi momenti importanti, fra cui la jazzata “The Hidden Voice”, ruvido ed aspro passaggio in stile Nine Inch Nails, evocante il passato più harsch della formazione emiliana.

Se la Lo Iacono, forte di una personalità vivida e peculiare, dolce ed al contempo sgraziata, aveva contribuito a forgiare il sound della maturità dei KC, la Fossi, ben più dotata e calibrata nei suoi vocalizzi, si amalgama perfettamente sul tracciato lasciato dietro di sé dalla band nella decade precedente: il suo timbro vigoroso e cristallino fluisce in miracolosa simbiosi con le complesse geometrie delineate dal genio elettronico di Bergamini, sempre più assestato su un'elegante industrial cosmico non scevro da tentazioni ambient (l'impalpabile“Uninhabited”), soffuse malinconie electro-pop/EBM (l'orecchiabile “At any Moment Now”) e tenebrose perlustrazioni dall'insano passo marzial-esoterico (la nenia “Black Harbour/Helma Nah' Shmarr”).

E non a caso in “Heaven's Darkest Shore 1” i KC spalancano le porte del loro mondo all'entità Sixth Comm, ospitando le percussioni, le manipolazioni elettroniche e i vocalizzi gregoriani di quella leggenda della musica ritual-industriale che è Patrick Leagas: il brano in questione, desolante affresco di pulsanti energie occulte, emerge prepotentemente dal flusso uniforme dell'album, anche in virtù di un'esplosione jungle nel finale (impossibile non pensare ai Propellerheads” di “History Teaching”): una botta di vita che anima finalmente un'opera che poteva essere benissimo architettata come un'unica suite percorsa dal pulsare mesto di un cuore meccanico destinato alla ruggine eterna. La successiva, angosciante, infinita “Anti-light” non a caso ci riporta nei ranghi di quello che è il mood di uno dei lavori più glaciali e densi di rassegnazione partoriti dai KC nella loro lunga a proficua carriera.

Nel suo affossarsi e ripiegarsi su se stesso, per poi dilatarsi in immagini cosmiche tendenti ad un Nulla freddamente concepito e sviluppato, “Still Air” è anche un album che getta i semi della rinascita, se non artistica, almeno emotiva, di una realtà fondamentale per il panorama dark nostrano: sempre più compatti e focalizzati sui loro intenti, Bergamini e la Fossi stringono il loro patto e rinsaldano le loro forze per proseguire il loro oscuro cammino, per approdare qualche anno dopo all'altro grande lavoro del nuovo decennio, quell'“Invisible Front 2005” che (quasi) riassesterà i Kirlian Camera ai grandi livelli del passato glorioso che fu.

Quasi...

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