Quand'è stata la prima volta che ho ascoltato questo disco? Non me lo ricordo, potrebbero essere quattro, forse anche cinque anni fa, e da allora ad oggi quante volte l'ho riascoltato? Tante, ma veramente tante, eppure la presa che ha su di me è sempre la stessa. A momenti penso che sia meglio accantonarlo almeno per un po', per evitare di usurarlo troppo, cercare qualche alternativa, ma cosa può sostituire qualcosa di così unico? E così ogni anno è sempre la stessa storia, la giornate si allungano, gli alberi rinverdiscono, le temperature si alzano ed io mi ritrovo ancora una volta fatalmente intrappolato nel triangolo London-Cienfuegos-Rio de Janeiro. "Tropical Brainstorm" è la mia isola di Ogigia, un posto lontano dal mondo in cui staccare la spina da tutto e da tutti, un rituale, un sortilegio.
Ironicamente, Kirsty MacColl è quanto di più lontano da Calipso ci possa essere; non è mai stata un'eremita, una semidiva solitaria, ed è proprio la sua innata espansività artistica, il saper guardare molto più in là del suo background geografico e culturale ad averla portata a questo epilogo, a "Tropical Brainstorm". Erano passati sei anni dall'intenso ed autobiografico "Titanic Days" e Kirsty, data ormai come definitivamente uscita di scena, riemerge con la stessa grazia e vivacità del pesce volante ritratto nella bellissima copertina. Di certo non è mai stata un'artista banale e prevedibile, ma un album del genere, chi l'avrebbe mai immaginato nonostante gli indizi sparsi qua e là nel suo repertorio? Nella mia precedente recensione, parlando di "Frolic" della signora Drecker ho messo particolarmente in risalto il carattere squisitamente femminile e le atmosfere raffinate da gustare ed assimilare poco a poco; in questo caso rimane valida la prima parte, ma per quanto riguarda la seconda siamo praticamente agli antipodi: "Tropical Brainstorm" non è un aperitivo da sorseggiare lentamente, una scultura d'arte moderna da cui estrapolare a piacimento il significato, "Tropical Brainstorm" è una secchiata d'acqua fresca, un murales pieno di forme e di colori nel grigiore di una città, un'anomalia all'interno di un'altra anomalia come la stessa carriera di Kirsty MacColl. Un album matrioska quindi, in cui emerge un tratto inedito di questa meravigliosa inglesina, che prima d'ora non si era mai mostrata in una veste così sexy, riuscendo parlare pulsioni e situazioni piccanti in modo assolutamente aperto, senza nascondersi in metafore ed allusioni, e con un'ironia, naturalezza e charme che non ho mai, mai ritrovato altrove, da nessun altra parte.
L'ovattata ed ammiccante "Celestine", pur non essendo in assoluto il vertice artistico e creativo dell'album rappresenta un passaggio cruciale perchè introduce la figura di questo disinibito e provocante alter ego, "She's just a wild and wicked slut", così la definisce Kirsty; per anni esclusa dagli studi di registrazione, finalmente riesce ad emergere facendo di "Tropical Brainstorm" il capolavoro che è. Celestine è la smaliziata regina della notte di "In These Shoes", l'amante gelosa di "Treachery", la sensuale ed esotica danzatrice di "Mambo De La Luna"; una donna senza falsi pudori, che capisce ed asseconda gli uomini e le loro necessità senza giudicare come nella meravigliosa "Here Comes That Man Again" e una donna forte, libera, una "selvaggia" che in quel meraviglioso inno alla gioia a ritmo di sambra che è "Us Amazonians" si innamora di un ragazzo di città e lo trascina nel suo mondo; "Come on darling be brave for a while, you don't look afraid when you laugh and you smile, I'll be good, I'll be strong, I'll be just what you need all along".
Non solo Celestine, in "Tropical Brainstorm" c'è anche Kirsty, con il suo viaggio che parte dalle nebbie della sua Londra, all'infinita ricerca di un'estate, con un ipnotico e raffinatissimo capolavoro di mistica femminile come "Autumngirlsoup", quindi la ritroviamo alle prese con le avances di un bugiardo sdegnosamente respinte in "England 2 Colombia 0" per poi ammirarla, disillusa ma decisa a voltare pagina, a passeggiare elegantemente sulle spiagge di Ipanema in "Nao Esperando"; un breve momento di fragilità e malinconia nella ballad acustica "Wrong Again" viene superato con la solita intelligenza ed acuta ironia in una graziosa ed incantevole "Designer Life", "There's a brand new car in your driveway and a blonde new girl in your bed, You've everything you ever wished for, happy little bubblehead, and you can't fill it up with promises, you can't fill it up with lies, you can't fill it up with business lunches, oh but you can try". Senza nulla togliere alla sensuale e rarefatta "Head", "Tropical Brainstorm" sarebbe stato ancora più bello di quanto già non sia se a chiudere le danze ci fosse stata "Golden Heart", un'amara ma intensa e meravigliosa bossanova, purtroppo pubblicata solo come B-Side di "Mambo De La Luna" e successivamente nell'antologia postuma "From Croydon To Cuba", che offre un passaggio di pura poesia come "Venus made me, Eros Betrayed me, instead of love's arrow he used a poisoned dart".
E così Kirsty e Celestine concludono lo spettacolo, mano nella mano, un saluto e l'inchino al pubblico, insieme per la prima e purtroppo ultima volta. Quante volte queste canzoni mi hanno tenuto compagnia, mi hanno divertito, emozionato, fatto riflettere? Quante volte mi sono perso sulle melodie di "Here Comes That Man Again", "Us Amazonians" o "Designer Life", su quei meravigliosi testi, così schietti, liberi e veri? Molte più volte di quanto riesca a ricordare, così come Ulisse rimase prigioniero dell'idillio di Ogigia e del dolce abbraccio di Calipso molto più a lungo di quanto di quanto avrebbe desiderato. In fondo è proprio questo il potere dei luoghi del cuore, forse è proprio questo tipo di stregoneria a cui allude Kirsty quando canta "You needed something to get your teeth into, and in my voodoo kitchen you said, I've got something to show you, it's a recipe handed down from father to son for a thousand years, and it goes with those hot salt tears".
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