Reduci dal fallimentare progetto "music from the elder", i Kiss tentarono di rialzare la testa (e di ritrovare quel pò di credibilità perduta, a dirla tutta, già dai tempi di "Love Gun") con questo "Creatures of the Night", album dalle sonorità heavy metal che rappresentano una novità per la band, fino a quel momento impegnata col solito hard rock stantio o peggio con la disco-pop music.

La title track, che apre l'album, è una dichiarazione d'intenti: batteria pompatissima (l'intro è semplicemente devastante) e riffoni metallici a creare un suono mai cosi potente in casa kiss; convincente la prova dello Starchild, deciso come non mai (altro che i was made for lovin you e compagnia). Le tracce seguenti come "Saint and Sinner", "Danger" (esplosiva!), "keep me comin" (dal ritornello fracassone e ridondante) proseguono tutte compatte e potenti senza lasciar un'attimo di tregua all'ascoltatore. C'è anche spazio per il classico hit da stadio, tal "I love it loud" (sorretta dalle poderose cannonate di Eric Carr, una costante in quest'album) che vorrebbe forse essere la nuova Rock and Roll all nite. Ma il cuore emotivo dell'album è senza dubbio "I still love you", tragica cronaca di un amore finito, dove lo stellato qui è fuori parametro: cantanto eccellente, quasi sottovoce nelle strofe, incazzato nei refrain, con gli strumenti che si trattengono a stento e disperato e nelo stesso tempo rassegnato nel ritornello. Bellissimo poi l'assolo di Vinnie Vincent, stupendo, azzeccatissimo e carico di sentimento che scarica un pò quella tensione che andava accumolandosi secondo dopo secondo; probabilmente questa è la ballad definitiva per i Kiss nonchè una delle loro miglior canzoni di sempre. Il disco prosegue con "Killer" bel pezzo dal riff semplice ed efficace di Vincent, più che altro un buon riempitivo che ben presto lascia spazio all'ultimo colpo di cannone che chiude il disco come meglio non poteva: "War Machine", semplicemente devastante fin dal titolo. Un blocco monolitico travolgente, con riff "duri"( Hetfieldgod docet) e crudi (alzare il volume qui è d'obbligo), che mi ricorda una "God of Thunder" all'ennesima potenza: forse la canzono che preferisco in assoluto dei Kiss.

In definitiva un'ottimo album dunque (ultimo degno di nota prima dello scialbo periodo Hair metal) che stranamente non verrà accolto con molto entusiasmo dal pubblico americano viceversa il tour avrà un grande successo soprattutto in sud america dove i kiss si esibirono davanti a platee immense (come la spettacolare cornice di 200.000 spettatori al Rock in Rio). Un unico appunto va però fatto, paradossalmente, alla produzione: nonostante il suono della batteria pressochè perfetto e il suono in generale comunque più potente dei precedenti album, andava fatto qualcosa di più per il suono delle chitarre, in alcuni frangenti non proprio valorizzate al meglio e forse i due "capoccia" della band (Stanley-Simmons) avrebbero dovuto dar un pò più di libertà a Vinnie Vincent, un vero Guitar Hero le cui potenzialità rimarranno inespresse durante la sua permanenza nella band.

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