Sirene lontane.
Una tavola da skate rotola lentamente da una rampa illuminata a fuoco dal tramonto. Intorno il nulla. Un’ascia conficcata su di un ceppo affiora dalla neve. Istanti. “Il triplo kick lo sai fare?” Quell’ascia è li da quando è successo. “Il tempo d’imparare trick seri e me ne vado da questo buco di merda”.
La sola colpa dei figli è di essere figli dei propri padri. Non si dissero una parola. La porta, la luce, ‘click. La tavola in pezzi ai piedi del letto. C’è uno spazio e un tempo in cui i sogni collimano con la realtà.
La macchia si spande lenta, la moquette in parte l’assorbe. Sullo schermo la partita che amava seguire. La scheggia più aguzza gli trapassa il collo.
Dovevo dedicare i miei polpastrelli a Baseball Season da tempo. E’ un album ricco di suggestioni posticce e di rammarico per emozioni mai provate. Per adolescenti cresciuti troppo o adulti cresciuti troppo poco. Fa differenza?
Il rock melodico (o emo o indierock come vi pare) dei Kite Party trasmette un sincero senso d’evasione. Ci riesce dilatando il sound e ricoprendolo con un velo di sporcizia che porta con sé vecchi rancori. Il resto lo fanno una voce decisa come uno schiaffo, le chitarre che parlano da sole e una sezione ritmica vibrante. E’ l’unico disco che mi sentirei di consigliare a un 15enne incazzato.
Nel suo piccolo è un album speciale; cela male la malinconia ed esprime ancor peggio la rabbia. Ciò che vien fuori sono 30 minuti in cui si respira libertà, la responsabilità d’essere se stessi. Da adulti o da adolescenti quello spetta a voi deciderlo quando l’ascoltate.
Si sentono soprattutto le intuizioni degli Walkmen, a tratti anche il tiepido torpore dei Grandaddy. Ci sono canzoni splendide in un continuo sali e scendi di umori e velocità; il carosello di “Welcome to Miami”, la tenebrosa (e cristo che bella) “Hightower”, il dolce cullare di “Jaws of life” solo per citarne un paio.
Baseball Season è senz’età, senza preconcetti, suonato col cuore malato di chi non è avaro di emozioni. Saprà sempre dare come nuove le stesse suggestioni e immagini, la stessa vitalità trasvestita di nero fumo.
L’ho scritta ieri e ora sento alla radio che un diciassettenne ha bruciato viva la sua ragazza. L’adolescenza fotte il cervello, è l’età che ci rimarrà dentro tutta la vita nel bene o nel male, almeno io sono abbastanza ossessionato dall’idea.
Carico i commenti... con calma