Un'introduzione livida e spettrale, affidata a sonorità gelide di sintetizzatori, apre "Dune", album del 1979 di Klaus Schulze e omaggio al romanzo di fantascienza di Frank Herbert pubblicato nel 1965: sette minuti che creano atmosfera e preparano l'ascoltatore all'avanzata nel territorio inesplorato che affronterà di lì a breve. Poco dopo, le sonorità di un violoncello si fanno strada con cautela nell'ambiente, prima con fugaci schegge di suono, poi con melodie sempre più ampie e distese. Non era facile ma riesce alla perfezione il dialogo fra l'elettronica di Schulze e il violoncello - strumento come pochi altri carico di storia e di memoria - suonato da Wolfgang Tiepold.

La musica cresce in intensità, si fa più tesa, più concitata, sempre più convulsa finché, giunta al culmine della sua pienezza, si dispiega calando di tensione, rivelando all'ascoltatore nuovi e più ricchi orizzonti di suono, liberando tutta la sua espressività nascosta.

Funziona così la musica di "Dune": con questo procedere orgasmico, articolata in una decina di episodi in cui la graduale accumulazione del materiale viene portata all'estremo e poi fatta scendere ma senza mai perdere ricchezza e colore. Una breve coda di due minuti scarsi, che porta a conclusione il brano, ripropone lo stesso meccanismo in episodi concentrati e posti l'uno di seguito all'altro, quasi a voler riassumere quanto si è ascoltato fin là.

"Shadows of Ignorance" è la seconda traccia dell'album, in cui ai synth e al violoncello si aggiunge dopo 8 minuti il vocalist Arthur Brown, che declama in inglese un lungo testo poetico che parla di futuro, di universo, di evoluzione: testo ora recitato a tempo ora intonato senza mai diventare propriamente canto o canzone; la voce poggia su un tappeto ritmico creato da una drum-machine che ha l'unica pecca di rendere il brano un po' monotono nei suoi 26 minuti di svolgimento.

Ma tutto in questo album concorre a fare del suo ascolto un'esperienza suggestiva e coinvolgente, che ci sollecita a spingere lo sguardo alle dune sabbiose di pianeti lontani, e forse ancora oltre.

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