Gran bell'album, "In Blue" di Klaus Schulze, ma che fatica ascoltarlo tutto! Si tratta di un doppio cd: il primo contiene un unico brano della durata di 78 minuti; il secondo contiene due brani ma anche in questo caso il disco argentato è riempito per intero: 44 + 34 minuti. Insomma, oltre due ore e mezza di musica. Mica una passeggiata, per l'ascoltatore.
Cominciamo allora da "Into The Blue", la prima lunghissima cavalcata sonora di questo lavoro: tastiere morbide sullo sfondo, brandelli di melodia in sovrapposizione (non veri e propri assoli, qualche fraseggio piuttosto); non succede quasi nulla fino a oltre i 12 minuti (!) con l'ingresso di suoni di coro campionato e a seguire un impulso ritmico più marcato che ci intrattiene per 20 minuti: nel mezzo, timbri differenziati di synth si danno il cambio durante gli assoli.
Nuovo episodio con un basso insistito e percussione elettronica in evidenza (abbiamo passato la boa di metà durata e stiamo tornando indietro...), un assolo che ricorda i trascorsi di "Miditerranean Pads" o "Beyond Recall" e poi, dopo una breve transizione, la tirata riprende fin quasi a conclusione, in una sorta di coda che ricapitola le atmosfere e le sonorità già incontrate in precedenza. "Into The Blue" ha infine una conclusione morbida e distesa.
Ho voluto descrivere la struttura di questo brano perché esso suscita una notevole impressione nell'ascoltatore: è come avventurarsi in un continente di suoni di cui non si intravedono i confini. In questa ennesima tappa della sua lunga carriera, Schulze è molto lontano dallo stile eclettico di alcuni album degli anni '80 come "Inter*Face" o "En=Trance". Qui, al contrario, si avvertono echi dello Schulze cosmico, solo che siamo nel 1995 e si sente! Nessuna inutile nostalgia degli esordi, la carrellata di fantasmi acustici che ci investe durante l'ascolto un po' sgomenta e un po' si fa seducente.
Cd 2: il primo brano è intitolato "Return Of The Tempel" perché in esso ritroviamo Manuel Göttsching, il chitarrista di una delle band più note del kraut-rock primi anni '70, cioè gli Ash Ra Tempel, gruppo di cui aveva fatto parte lo stesso Schulze nel loro primo e terzo album. In questo caso, durante introduzione ed epilogo il timbro di chitarra campionata di Schulze e quello vero di Göttsching fanno capolino nel tentativo scherzoso di confondersi l'uno con l'altro. Ma nella sezione centrale del pezzo, una quasi mezz'ora sostenuta da un tempo veloce, è Göttsching che scarica tutta la virulenza dei suoi assoli alla chitarra elettrica: come sempre lancinante e acida, anche se sono passati più di vent'anni.
"Serenade In Blue" è il terzo e ultimo brano, ma dovete faticare ancora una mezz'ora per arrivare alla fine. Basti dire che solo nell'ultima parte, passati i 24 minuti, il pezzo acquista una certa consistenza ritmica, mentre in precedenza aveva evocato le atmosfere del primo cd (specie con l'uso dei suoni corali campionati) suggerendo quindi l'idea di un gigantesco loop sonoro virtualmente senza fine.
Per chi ama l'elettronica più sofisticata e creativa, questo doppio cd rappresenta un sicuro approdo. Il signore dei synth non delude, dimostra anzi che la sua vena creativa, 23 anni dopo l'esordio da solista, è tutt'altro che esaurita. È un gran bell'album, "In Blue" di Klaus Schulze. Ma provateci voi ad ascoltarlo tutto.
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