La produzione di Klaus Schulze negli anni '80 è densa quanto quella del decennio precedente, se non addirittura di più: due album dal vivo, sei tra colonne sonore e collaborazioni con altri musicisti, una compilation, più sei album di studio: logico quindi parlare di "Inter*Face", uscito nel 1985, giusto a metà del periodo qui considerato.
Un album di buona fattura che vive la tensione, fin dal titolo, tra lo Schulze cosmico affermatosi negli anni '70 e la ricerca di nuove strade. I primi tre brani sono emblematici in questo senso: di durata pressoché uguale (8, 9, e 7 minuti) sono caratterizzati da una percussione molto marcata che assume però un significato diverso in ciascuno dei tre episodi. Ritmo sostenuto e tono "disco" nel garrulo "On The Edge" in apertura (quasi irriconoscibile qui l'ascetico maestro elettronico dei primi lavori), ritmo asimmetrico e nervoso in "Colours In The Darkness", che quasi ricorda certe sonorità new wave tipiche di quegli anni, infine atmosfera lounge in "The Beat Planante", con una percussione discreta ma corposa cui si aggiunge il rullante, a 6 minuti dall'inizio, per una breve comparsata.
Ritmo dunque! Schulze sembra non essere esente dal clima edonista e disimpegnato che dominava il periodo. Ma la sua musica non è mai superficiale né gratuita, e "Inter*Face" certo non smentisce questo assunto. Lo si può considerare un album di transizione, per uno che ci aveva abituati a portate sopraffine.
La title-track, lungo brano di quasi 25 minuti, ce ne offre un ricordo. Il pezzo infatti è quello che più da vicino richiama lo stile peculiare del tedesco: nei timbri delle tastiere che si producono in distesi e meditativi assoli, nella lenta evoluzione della musica che evoca rivolgimenti cosmici, nelle atmosfere solenni e un po' angosciose, oltre che nella sua stessa lunghezza. Il brano però non è uno sterile déjà vu, basti pensare al timbro molto particolare dei timpani che attraversano per intero questa lunga cavalcata elettronica (presente in studio il musicista ospite Ulli Schober alle percussioni) e ancora al rilassato beat ritmico che dal sesto minuto attraversa tutto il brano, affiorando periodicamente.
"Inter*Face": di nome e di fatto. Con questo album Schulze non resta prigioniero del passato, e al tempo stesso non lo rinnega.
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