Emozioni...
Fischi oscuri che emergono dal nulla. Sprazzi di synth che si intensificano sempre più, ripetendo il loro schema all'infinito. Ebene, appunto.
Klaus Schulze. Il solitario principe tedesco. L'uomo più influente per lo sviluppo dell'elettronica assieme ai Kraftwerk e Neu!, colui che assieme ai Tangerine Dream ne getta le basi, anche se ancora alla fase embrionale. Piccoli passi compiuti da grandi uomini. Nel 1971, dopo Electronic Meditation dei Tangerine, con Schulze, esce Alpha Centauri, uno dei primi album tedeschi che riprende la lezione di A Saucerful Of Secrets e la ri-elabora in maniera impressionante, dando effettivamente il via al movimento Cosmico in Germania. Un punto, anzi 1000, per lo sviluppo di questo genere.
Ma Irrlicht è diverso - è un viaggio, a momenti apparentemente senza ritorno. Irrlicht, l'esordio di Klaus sul mercato tedesco (1972), qualche mese prima del fantomatico Zeit dei Tangerine di Froese.
Sospiri e vibrazioni che si fuggono nell'infinito pulsare delle tastiere e diavolerie elettroniche varie; una strada buia e austera, con l'atmosfera serrata. L'introduzione che stende il tappeto rosso, di sangue, per i violini. Cupi, che quasi sbiancano. L'orchestra delle onde morte ed in sottofondo poi si sentono alcune voci, che spariscono nella nebbia elettronica dei sintetizzatori ancor prima di finire le loro frasi sconesse; sembrano placide richieste di aiuto. Tutto si chiude sempre di più, l'aria che si respira si fa stretta.
Implode in se stessa - l'organo.
Basterebbe Ebene a delineare l'intero movimento della musica cosmica. 23 minuti che sono un continuo sparire ed apparire di suoni, un turbinio di emozioni che pochi dischi sanno regalare.
Dicevamo, l'organo. Il punto focale dell'intero disco. Mai la musica suono così cupa come in Ebene. O forse si, ma qui è letteralmente angosciante. Quando ci si aspetta che la nota cambi, no, essa persiste, non si lascia manipolare, rimane. L'oceano che si viene a creare, Schulze lo controlla così bene che tutto sembra perfettamente normale. Cambia, per gentile concessione del suo genio, le regole della musica. La fa diventare tattile, perpetua, non temporale, ignara di che cosa siano i minuti, le ore, i giorni, i mesi. Ripete se stessa all'infinito, come un brano in loop, ma qui è cosa dovuta. Dal nulla si crea l'essenza stessa del suono, e dal velo trasparente di questo suono fuoriescono le paure, le angoscie, i turbamenti. Emozioni, appunto.
La musica è come l'acqua - al tatto è mobile, scorre senza fermarsi. L'immersione nel nuovo mondo non è difficile; basta saper chiudere gli occhi e lasciarsi andare, avere una mente visionaria (come disse qualcuno prima di me). Perchè in fondo l'esordio di Schulze è come la vetta più alta che sfida l'uomo a raggiungerla, conscia di essere irrangiungibile e misteriosa. Come se fosse chiusa in se stessa, impenetrabile. Ma pian piano, si schiude. Implode mille volte ed ogni volta è come se fosse la prima, dal silenzio tombale esce un urlo minaccioso, onirico, verso la gloria delle costellazioni tanto care ai viaggiatori cosmici come Klaus.
Irrlicht incanta come pochi perchè è giocato tutto sulle impressioni, le paure dell'ascoltatore. Basta provare ad ascoltare l'organo del primo movimento al buio, soli, in qualche lontana casa di campagna. Etereo, il suono ancestrale che ricorda la parte di Wright in A Saucerful..., ma più evoluta e spettrale. Se in Meadow Meal (Faust) l'organo viene dopo la piogga e le esplosioni, e ha un suono che cerca di viaggiare per raggiungere l'illusione di felicità, qui, in Ebene, l'organo è l'esplosione, è la pioggia, il suono è nichilista come nessuno prima.
Dopo queste tetre supernove, si passa al gioco delle ombre - Gewitter. Come un muro bianco di notte, col vento che muove i rami degli alberi che a loro volta proiettano le ombre sul muro stesso. Spariscono, se ne vanno. Poi, a volte, ritornano.
Definirei Schulze l'impressionista più importante della musica, almeno con i suoi primi dischi.Il suo pennello trasporta in note le più nefande paure umane ed i sogni più nascosti,come per magia. Se in Cyborg (costruito sulla falsariga di Zeit ma molto più riuscito a mio modesto parere) Schulze sperimenta al meglio la tecnica dell'appoggiare pesi sui tasti per creare l'oceano di suoni, accordi infiniti che danno il via ad un mistico eco, qui in Irrlicht tutto nasce per caso, l'invenzione ancora genuina del Principe diventa colonna portante dei tre viaggi. La complessità che si porta dietro un lavoro del genere è enorme,
teoreticamente e musicalmente quasi impossibile; eppure, esiste.
L'uomo, solo, in uno studio buio, a sperimentare queste tecniche ed applicarle ai suoi viaggi musicali; da brividi. E tutto nasce per caso, senza essere giunti a questo risultato cercando di arrivarci con un progetto prima.
E cosa più importante, nasce dal nulla.
Poi Klaus ci lascia così, con i bagliori dell'ultima suite, Exil Sils Maria, nei meandri del buio. Conscio di aver appena creato l'animo umano nella sua completezza più perfetta, e di averlo messo in musica. Cosmica, religiosa, kraut, elettronica; alla fine non importa, ma basta sapere che esiste. Che qualche sognatore visionario ci abbia pensato. Che qualcuno abbia osato arrivare a tanto.
E poi ci si stupisce ascoltando quei giochetti col VCS3 di Waters & Company su On The Run...
...Assolute.
Carico i commenti... con calma