«Dopo aver trascorso anni nel suonare strumenti analogici tentando di combattere ogni volta la poca pulizia sonora dei filtri e le continue oscillazioni di tonalità, all'arrivo degli strumenti digitali ho deciso di convertirmi totalmente ad essi, abbandonando gli analogici. E' chiaro che oggi quel tipo di suono (analogico, ndr) viene considerato bellissimo, ma ai tempi non era così e il digitale era visto come un nuovo orizzonte sonoro, imparagonabile, per qualità e usabilità, al digitale». (Klaus Schulze, intervista con Albrecht Pitz, 2005, parla del disco Inter*Face. Nota: il testo qui presente è in parte rielaborazione delle testuali dichiarazioni di Schulze, benchè non cambi minimamente il significato nè i termini specifici).
Ed eccomi, io, lì a dir subito: se ne pentirà. Ciò che ha appena detto oggi può essere considerata dai molti puristi di cavetti e manopole come blasfemia pura, anche se adattata al tempo ha un suo senso logico. Io leggo oggi questo "Kontinuum" come una sorta di "richiesta di perdono". Esso è infatti eseguito quasi interamente con i "vecchi" strumenti e può essere tranquillamente visto come una sintesi di ciò che Schulze è stato e continua ad essere nel suo mondo elettronico. Tre lunghi brani, come ai "vecchi tempi" (non simile invece, a Inter*Face e seguenti, primi lavori con brani sotto i 15' di durata). 76 minuti in cui ho riascoltato, tutto insieme, lo Schulze che mi aveva colpito nel profondo con "Irrlicht", completato il colpo con "Cyborg", stupito con "Blackdance", emozionato con "Moondawn", rilassato con "Mirage" (specialmente nella prima suite, "Sequenzer - From 70 to 07"), fatto meditare con "Timewind". E, per non togliere nulla, vi ritrovo anche (benchè "Kontinuum" preceda la collaborazione) gran parte delle texture sonore che caratterizzeranno poi la prolificissima e (a mio parere) straordinaria collaborazione con Lisa Gerrard (in particolare in "Euro Caravan").
Insomma, poco altro da aggiungere, per la verità, se non il concetto ancora non espresso a parole chiare: "Kontinuum" è straordinario. Fonde tutto il meglio di Schulze, l'euforia giovanile di "Irrlicht" fusa con la maturità raggiunta più avanti, e tralasciando quel periodo tranquillamente dimenticabile che vide la pubblicazione di album quasi dance/trance (come citato in vari titoli), come "En=Trance" o "Trancefer", giusto per citarne un paio (ma anche lo stesso "Inter*Face", nonostante la suite omonima fosse ottima). Consigliato senza dubbio ai puristi, tanto quanto a chiunque si voglia avvicinare a Schulze. Particolare raccomandazione d'acquisto per i malinconici dell'analog e per coloro che, nel lontano 1972, furono colpiti dal poderoso "Irrlicht".
Carico i commenti... con calma