Kneebody: chi era costui? Be’, sono cinque ragazzotti USA sotto i trent’ anni che sollevano in aria una quantità impressionante di volume sonoro. Sax, tromba, batteria, basso elettrico cinque corde, piano Fender Rhodes ed una marea di scatolette-effetti ai loro piedi. In pratica, sono tutti "effettati ampiamente" , tranne il batterista. Cominciamo dall’ inizio: in data 28 febbraio 2006 abbiamo avuto il piacere di ospitare Kneebody nella mia cittadina per una esibizione. Il loro leader è Shane Endsley, trombettista proveniente dal Colorado, vivente a New York e cresciuto alla scuola di Ralph Alessi. Gli si affiancano Adam Benjamin al piano, Ben Wendel al sax, Nate Wood alla batteria, tutti dall’area di Los Angeles (west coast), ed il gigante buono Kaveh Rastegar al basso, Colorado anche lui ma anch'egli in L. A. per lavoro. Il fatto di essere quattro su una costa ed uno sull’altra non impedisce loro di mantenere viva la realtà Kneebody perché c’è una tale comunione di energia che non può evidentemente andare dispersa.

Allora, iniziando dalla sezione ritmica possiamo dire che Kaveh, che pure ha la sua formazione accademico-jazzistica tradizionale sul contrabbasso, usa invece il basso elettrico in maniera assolutamente anomala ancorchè radicale: spesso arpeggia con indice-medio-anulare mentre pesta le note basse col pollice, per un effetto “ chitarra bassa” stupefacente; ciò, unito all’ uso di octaver, phaser ed altro innominabile, sviluppa un accompagnamento che se a volte è semplicemente... "molto energico", spesso funge da vero pivot granitico attorno a cui ruota tutta la band, col suo sound globale molto peculiare. Aggiungiamo un Nate Wood alla batteria che, pur pesando egli attorno ai 45 chili (forse anche meno!), picchia in ogni caso in maniera determinata, precisissima, estrosa e selvaggia dalla prima all’ ultima battuta, tranne che per i pochi momenti di pianissimo presenti nello spettacolo, in cui si destreggia tirando per aria piattini che fa cadere sul pavimento per contribuire all'happening globale. I temi, lunghi, tormentati ma in qualche miracolosa maniera molto melodici ed anche orecchiabili, vengono esposti all’ unisono da sax e tromba, mentre il piano effettato effettua il suo lavoro di supporto con volute sonore graffianti tipiche del Rhodes, sospese tra il Grand Wazoo zappiano e il miglior funky anni ‘ 70. Volume assordante. Ma si esce dal concerto piacevolmente privi di udito ed ancora traumatizzati da suoni impensabili ed irriverenti, anche per orecchie tutt’altro che vergini come quelle dell’umile scrivente!!! Complimenti, ragazzi: stupore è la parola più adatta a voi. Per ciò che riguarda il loro primo disco omonimo appena uscito, non ha molto senso qui parlare di ciascun brano, in quanto quello che ti impressiona dall’inizio alla fine è la compattezza d’insieme del lavoro; il muro di suoni, a volte puliti ed altre distorti od effettati, in qualche modo imbrigliati in una rete jazzistica di base che li farà pur catalogare "contemporary jazz" sugli scaffali internazionali di Tower Records o Borders, sebbene questo tipo di sound sia oggettivamente inclassificabile: personalmente mi permetterei, oltre al miglior Zappa, di ravvisare dosi massicce di “Red” (King Crimson d’ annata) ed addirittura dei Prodigy (roba da galera immediata).

C’è molto funky, molta fresca energia ed un impatto totalmente nuovo. Si racconta dalle mie parti, e ne avrei le prove, di loschi figuri che dopo il concerto hanno acquistato il disco e riescono a toglierlo dal lettore in macchina solo per rimetterlo in quello dello stereo casalingo e viceversa. Guerre condominiali insanabili partono nel mondo dopo i loro concerti e gli avvocati tutti si fregan le mani. Azioni di esorcismo e decontaminazione sono attualmente allo stadio sperimentale su cavie al NHI di Bethesda (Md, USA) per cercare di guarire i contagiati "Kneebodiani mondiali" al più presto. O per lo meno di indirizzarli su dipendenze più tradizionali e meno dannose per il cervello come crack, cocaina e sesso compulsivo. Nel frattempo i tragicamente colpiti vivono in famiglia, lavorano, studiano pur restando sospesi in una perigliosa dimensione psichedelico-energizzante, con tanto di sorriso Monnalisiaco stampato sulla faccia. Grande disco, grandissimi questi ragazzi. Al solito il mio trascurabile consiglio emozionale: accattataville!!!!!  :-) V.

Carico i commenti...  con calma