Mi colpisce che su questo sito non ci sia neanche una recensione su un'opera di questo grande autore. L'importanza della sua produzione è palese , tanto che il premio Nobel americano Isaac Singer affermò che tutta la narrativa del XX secolo deriva da Hamsun, Hemingway, invece, dichiarò in maniera lapidaria che questo signore scandinavo gli aveva insegnato l'arte della scrittura, per non parlare dell'enorme debito accumulato da Herman Hesse, Louis Ferdinand Celinè, Henry Miller e dall'intera Beat Generation nei suoi confronti. Il più grande attestato di stima arriva dalla penna scontrosa, ruvida e cinica di un certo Bukowski ( che , almeno, dopo la morte la fama l'ha agguantata ) che lo definì senza mezzi termini "il più grande scrittore del mondo" ( precisamente nel romanzo "Donne").
Comunque il mio obiettivo non è quello di scrivere un encomio infarcito di retorica , anche se la mia stima nei confronti dello scrittore norvegese è elevata ed aumenta mano a mano che mi addentro nella sua produzione. Il motivo per il quale è cosi sconosciuto alla moltitudine è semplice: la storia gli ha inflitto un'immeritata "damnatio memoriae" ( insomma , il soggetto di questa mia analisi è un'autentico "desaperecido" di qualsivoglia antologia di letteratura). In breve, Hamsun ha espresso pubblicamente la simpatia nei confronti del nazismo. Decine di intellettuali si sono schierati nel periodo a cavallo tra le due guerre a favore dei regimi totalitari; quasi tutti tra questi, ad essere obiettivi, l'hanno fatto per opportunismo, pochissimi perchè "esaltati "dal pangermanesimo prospettato dall'ideologia nazista. Tuttavia guai a definire Hamsun opportunista o "esaltato", in quanto è sempre stato un uomo solitario, altero, fiero, "apolitico"(poco propenso a far stabilizzare la sua indole irrequieta e nevrastenica sicurezze offerte dalle "ideologie politiche del momento"), e se si è schierato a favore di Hitler è perchè riteneva,coscienziosamente, che il "pangermanesimo" fosse l'unica via per sfuggire al baratro dell'apatia verso cui la modernità e il capitalismo stanno trascinando l'umanità ( Knut Hamsun è uno dei tanti esemplari letterari a cavallo tra fine diciannovesimo e ventesimo secolo a odiare la sua stessa epoca e a ritenere come ultima ancora di salvezza il rapporto "panico" tra uomo e natura).Indubbiamente una posizione discutibilissima. Prima della guerra, egli era lo scrittore simbolo di un paese, aveva ricevuto il Nobel per la letteratura nel 1920, specificamente per "Il Risveglio della Terra". Poi scoppia la Seconda Guerra Mondiale, ed ecco che fiocca l'errore che compremette la sua reputazione: la simpatia espressa nei confronti di Hitler ( senza aderire al partito e senza commettere alcun crimine). Termina la guerra, con la vittoria degli alleati , ed ecco che Hamsun manda definitivamente "al macero" il suo prestigio di letterato: su un giornale scrive un elogio funebre del dittatore teutonico. Tuttavia, l'integrità morale di Hamsun emerge proprio dopo il 1945,infatti non abiurando le opinioni espresse durante il corso del conflitto mondiale, sarà l'unico intelletuale europeo filo-nazifascista a "pagare" sotto tutti i punti di vista. E va segnalato che questo signore paga un conto salatissimo da ultraottantene.
"Per i sentieri dove cresce l'erba" è un diario che parte dal 1945, da quando lo scrittore norvegese viene prelevato dalla polizia per essere portato in un ospedale. Subito, si percepisce che l'ostilità dei suoi connazionali si riversa sulla schiena, ormai ricurva per l'età, dell'anziano scrittore come un oceano in tempesta,e che egli si aggrappi con le unghie e coi denti allo scoglio della scrittura e dell'autosufficienza assoluta nel risolvere i bisogni necessari per la sopravvivenza ( nonostante le deficienze fisiche rappresentate dalla sordità e dall'incipiente cecità). Le umiliazioni si accumulano, con il passare del tempo, semprè più numerose e difficili da sopportare: i rinvii del processo ( i rinvii sono talmente tanti che anche agli occhi di un bambino il tutto sembrerebbe una vergognosa farsa, un subdolo espediente per "togliere da mezzo" un uomo ormai inerme), il trattamento rigidissimo e (quasi) ineducato da parte del personale dell'ospedale ( agli inizi del romanzo ricorre sovente l'immagine di uno spaesato Hamsun che pone alle infermiere o alla "superiora" domande che non ricevono alcuna risposta), la guardia della polizia che gli impedisce di fare delle camminate nei dintorni e, infine addiritura il trasferimento in un ospizio per vecchi dementi. Il calvario procede e dalla penna secca ed essenziale di Hamsun non emergono nè miserere, nè lamentele; a volte, improvvisamente, sbucano "flash-back" funzionali a lenire lo sconforto causato da tutte queste immeritate sofferenze . Comunque non mancano alcune manifestazioni di gratitudine: il sottoscritto è rimasto colpito dal frammento in cui una ragazza, ammiratrice dei suoi romanzi, si presenta nel suo "cantuccio", violando con ingenuità l'intimità del vecchietto, intento a mettersi la dentiera, per restituirgli un libro prelevato di nascosto e per donargli del filo di lana per rammendare i calzini logorati dal tempo.
Il governo norvegese decide che è il momento di infliggere il colpo di grazia al "vecchio leone" malandato e gravemente ferito: l'internamento in una clinica addetta alla cura di pazienti affetti da malattie mentali. Qui, una riflessione personale ( suscettibile a critiche ) ci sta tutta: i totalitarismi, nel loro essere spietati,efferrati e disumani, mantengono una traccia di lealtà, dichiarando esplicitamente quali sono i soggetti da eliminare fisicamente; le democrazie, invece, prima di procedere al dibattito "democratico", cercano di eliminare i "soggetti indesiderati" in maniera velata,subdola e, sopratutto, antitetica rispetto ai principi che esse professano. Questa storia ne è il paradigma. Hamsun viene spacciato pubblicamente dal governo per pazzo, ma è perfettamente lucido , non a caso, scrive questo romanzo in tempo reale. E sarà l'internamento a fiaccare le energie mentali del vecchio scrittore, ma anche la soverchiante consapevolezza della vanità "delle faccende umane":
“Uomo, è a te che sto pensando. Di tutto ciò che vive al mondo, solo tu sei nato senza un motivo, o quasi. Non sei né buono né cattivo, sei stato creato senza uno scopo meditato. Vieni dalla nebbia e tornerai nella nebbia, tanto grande è la tua imperfezione".
Serve a poco dire che il processo, prolungatosi in maniera inesorabilmente imbarazzante, vede un Hamsun inflessibile nelle sue posizioni pan-germaniste , intrise anche di "paternalismo" nei confronti dei suoi connazionali, e si chiude nel 1948 ( Hamsun all'epoca aveva 89 anni) con una sentenza che prevede la confisca dei beni ( altro ceffone per una persona che ha sofferto la fame a lungo, vagabondato per i posti più disparati e acquisito un relativo benessere solo in età tarda). Il romanzo termina in maniera glaciale: "San Giovanni 1948. Oggi la Corte di Cassazione ha emesso la sua sentenza , e io non scriverò più". Non c'è più speranza di uscirne incolumi, il sipario cala, la penna si blocca poichè è giunto il coronamento di un calvario, più doloroso persino della vecchiaia e della morte.
Post Scriptum: Cosa rappresenta in poche frasi questo "Per i sentieri dove cresce l'erba"? La sconfitta di un uomo dall'enorme dignità che viene sferzato a sangue dalla sorte ( tanto per citare una bella e nobile poesia fin troppo sventolata ultimamente da qualche trasmissione televisiva ), umiliato dai fatti "contingenti", ma la cui produzione letteraria risorge dall'oblio impostole dalla Storia, agli occhi del lettore disinteressato, come una fenice dalle ceneri. La fenice, il più nobile di tutti gli uccelli (mitologici e non), quindi sopravvive a qualsiasi intemperia, così come perdura per secoli l'arte che si intreccia alla vita e che poi si fonde inesorabilmente con essa. Questo è il credo ( l'assoluta coesistenza tra letteratura e vita) che permea tutta la sua eredità scritta, al di là di qualsiasi ideologia politica.
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